domenica 14 ottobre 2007

Club Italia di Lansvale

Club Italia: friulani, abruzzesi e veneti allertati per la GMG

La serata di domenica sera 14 ottobre è stata impegnata dalla delegazione per una visita al Club Italia, al Wharf Road di Lansvale. Le associazioni sono ospitate in locali costruiti dagli emigranti friulani che, come ovunque nel mondo, amano riunirsi attorno al loro Fogolar.Il focolare non è soltanto uno spazio fisico dove ci si riscalda dal freddo, ma è soprattutto un luogo nel quale la famiglia si ritrova per mantenere vive le proprie radici, che sono anche cristiane. L’accoglienza del vicepresidente Filiberto Donati e del direttore del locale il signor Ben Sonego è stata veramente calorosa. L’argomento della discussione, accompagnata da una simpatica cena a base di prodotti tipici italiani, è stato ancora una volta quello dell’accoglienza dei giovani della GMG 2008. Gli ospitanti si sono detti certi che gli italiani che vivono in Australia e a Sydney, in particolare, dimostreranno agli italiani che verranno per lla circostanza la loro massima disponibilità. In tal senso anche i locali del Club Italia, che ora oltre il friulani ospitano anche gli abruzzesi veneti, saranno messi a disposizione dei giovani della GMG affinché si sentano come nelle loro case. Anche nella serata di italianità che si terrà a margine delle manifestazioni ufficiali, vedrà sicuramente la partecipazione degli italo australiani e sin d’ora le associazioni divulgheranno l’evento. Mancano ancora 10 mesi, ma date le immense distanze dell’Australia, è proprio il caso di cominciare da subito il passa parola.

Gli italiani di Haberfield

L’arcivescovo mons. Gaetano Bonicelli ha presieduto una solenne celebrazione nella chiesa di St. Joane of Arc, al 97 Dalhousie St, Haberfield. Una grande partecipazioni delle famiglie italiane, con la chiesa ben riempita e la presenza di non meno di 400 persone motivate e ben partecipanti.
Vero animatore è il dinamico, ma ahimé non più giovane, Monsignor Dino Fragiacomo, della diocesi di Trieste, che assicura un prezioso e generoso servizio alla comunità italiana.
Il suo impegno nella Diocesi di Trieste fu molto grande, come sacerdote con i giovani ed i ragazzi dapprima e poi chiamato dal vescovo ad occuparsi dell’impegno diocesano di preparazione dei corsi per il matrimonio, i rapporti con i mezzi di comunicazione per arrivare al progetto grandioso, quello della costruzione ed animazione del tempio dedicato a Maria Madre e Regina. Lo slancio finale della titanica opera venne sulla grande azione di consacrazione alla Vergine che il Papa e tutti i vescovi d’Italia fecero nel 1959.Egli è venuto in Australia per trascorrere la propria quiescenza, ma ha trovato in questa terra novissima le ragioni per un impegno intenso, con dei ritmi che risulterebbero pesanti anche per un giovane sacerdote.
Assistendo alla funzione religiosa ci si rende conto di quanto sia ben animata la comunità cattolica italiana, che partecipa con vera convinzione alle preghiere, ai canti, all’eucaristia. La messa domenicale che si celebra in questa parrocchia viene trasmessa da radio Italia in tutta l’Australia e consente quindi alla Chiesa italiana, attraverso questo potente mezzo di comunicazione, di mettersi in contatto con tutti coloro che comprendono l’italiano. Mons. Bonicelli ha illustrato ai presenti ancora una volta l’impegno della Chiesa cattolica italiana nel seguire gli emigranti e li ha affidati alla protezione dei santi dell’emigrazione, tra i quali Santa Cabrini e il Beato Scalabrini. Ha poi chiesto a tutti di adoperarsi, nel miglior modo possibile e nelle forme più convenienti per la buona riuscita della GMG del 2008 e per favorire l’incontro delle famiglie italiane con i giovani ospiti che arriveranno dall’Italia. Prendendo poi spunto dal Vangelo del giorno, che narrava della parabola dei lebbrosi, ha chiesto a tutti di riscoprire il valore della gratitudine, poiché solo attraverso questo sentimento si può creare condizioni di vita rispettose nei confronti di tutti. A sua volta, ha espresso la gratitudine della Chiesa italiana per la testimonianza di fede che gli emigranti sanno dare nelle nazioni in cui vivono e ha ringraziato i missionari italiani per il bene che continuano a realizzare all’interno delle comunità a loro affidate.

Gli italiani di Earlwood

Pochi chilometri, una berve fermata per raccogliere la mamma di 93 anni e poi, Maria Forte, farmacista di professione e organista per diletto ci accompagna alla chiesa Our Lady of Lourdes in una località che conta una comunità italiana abbastanza grande.
Ci riesce di salutare il parrocco di origine irlandese che ha terminato da poco la celebrazione per la comunità parrocchiale.
Ci raggiunge padre Tiziano, scalabriniano, reduce da due messe dette altrove, compresa una breve celebrazione alla villa scalabrini per gli ospiti anziani che vi abitano.
Si celebra anche un 50° anniversario di matrimonio e la coppia originaria dalla Sicilia condivide con i frequentatori abituali e i propri familiari il momento di festa e di celebrazione.
Anche in questa chiesa più di un centinaio di persone partecipa alla liturgia. Il coro è ben preparato e assicura un canto buono e per nulla improvvisato. Ogni servizio previsto è svolto con cura. Si fa il ricordo della giornata della famiglia indetta dalla Diocesi.
Alla fine della messa viene data la parola ai rappresentanti della delegazione “che viene da Roma” e don Domenico Locatelli, direttore della fondazione Migrantes trasmette i saluti e assicura l’interesse dei vescovi italiani per gli emigrati italiani. Invita tutti a vivere con serenità e a partecipare alle manifestazioni che si svolgeranno nel prossimi giorni a Sydney, compresa la serata di presentazione del rapporto italiani nel mondo 2007.
Al termine della messa domenicale si prepara e si accoglie un matrimonio di una coppia italiana della seconda generazione.
Fuori dalla chiesa si fa conoscenza con alcuni personaggi italiani.
Carmela Testa originaria di Cerame (trapani) in Australia dal 1956. Due figli, un ingegnere del genio civile con due figli, la figlia, non sposata, che vive con la mamma ed assicura un buon tono di qualità sia per il lavoro interessante che svolge sia per il raffinato gusto culturale che possiede e condivide con tutti. Visitiamo la bella casa che hanno costruito 15 anni orsono. E’ tipico degli italiani d’Australia la cura di investire i propri risparmi nella costruzione di belle case, spaziose, ben curate, circondate da un po’ di terreno per il giardino e per coltivare qualche legume. Le pareti presentano magnifici quadri tessuti con la tecnica del punto croce, che manifestano l’abilità di Maria. L’unico rammarico è che il marito non ha potuto godere della buona costruzione perché la malattia lo tolse all’affetto della moglie e dei figli 10 anni fa. Ora le due sole donne in casa, con la mamma di ben 93 anni ben portati, sembra perfino troppo impegnate nel tenere accogliente e impeccabilmente in ordine la loro dimora.
Anche Filippa Messina ha 93 anni ed è accompagnata dalla figlia che la conduce in macchina alla chiesa di Earlwood ogni domenica per la messa in lingua italiana. Lei è in Australia dal ’69 anno dove molte famiglie siciliane subirono la profonda ferite del terremoto nella Valle del Belice e si decisero a partire anche sulle facilitazioni assicurate dal governo australiano e dalla sicurezza data dai parenti che già vivevano nel nuovissimo mondo. E’ originaria di Poggioreale e porta con sé molto della sua tradizione siciliana e popolare.
Nonno Vito invece è un bel tipo siciliano originario da Vizzini in provincia di Trapani. Ha 87 anni, Vito Giordani e ricorda con piacere che il paese suo è quello della “cavalleria rusticana” e che ai suoi tempi tutto era come è cantato nell’opera. Ha passato una vita alla General motors come operaio alla catena di montaggio ed ora sta in pensione, aiutandosi pure con il bastone per non cadere e sentirsi più sicuro. Gli fa compagnia il nipote, pure lui Vito di nome e testimonia dell’uso ancora apprezzato di trasmettersi il nome di battesimo da padre in figlio fino alle generazioni che verranno. E’ lavoratore e studente allo stesso tempo perché frequenta corsi serali per meglio qualificarsi. Non manca di arrotondare lo stipendio con qualche attività lavorativa in pizzeria alla sera del sabato e domenica.

Italiani e pratica religiosa in Australia

Statistiche. Le statistiche sulla pratica religiosa degli Italiani devono essere estrapolate da categorie che riguardano gli emigranti in genere, come “i nati altrove” e coloro che, pur essendo nati in Australia, hanno uno o entrambi i genitori nati altrove.
Sondaggi all’interno della Chiesa Cattolica o in collaborazione con altre Chiese rivelano che la pratica religiosa, come l’adesione agli insegnamenti della Chiesa, degli immigrati nati altrove é alla pari o sorpassa in percentuale coloro che sono nati in Australia. L’ultimo censimento rivela un dato molto incoraggiante: il 95.4% degli Italiani e loro discendenti si dichiara cattolico. Lo studioso Desmond Cahill spiega la forte tenuta degli italiani con il fatto che, in un mondo sempre più globalizzato nelle sue manifestazioni, si fa sempre più impellente la ricerca di uno spazio spirituale, in cui ritrovare le radici della propria appartenenza, una specie di “casa”, di comuni affetti e sentimenti che lega e affratella, nonostante le distanze geografiche.

Associazioni e Feste. Le circa 150 “feste religiose”, gestite da altrettante associazioni in tutti gli angoli del continente australiano, riflettono una storia ed una cultura tipica soprattutto del Meridione. Nonostante le frequenti lamentele sulla mancanza di nuove leve dagli impegni che incombono sui membri del comitato, oramai in età avanzata, le giovani generazioni partecipano soprattutto alla parte sociale delle feste. É un esempio tipico del rapporto fra il passato storico degli emigrati e le nuove condizioni culturali in cui vivono e agiscono i giovani in un contesto di emigrazione.

Queste feste, a distanza di anni, dimostrano una vitalità notevole. Gestite e controllate da comitati laici, senza o con un apporto limitato da parte del sacerdote le cui prestazioni si limitano alla parte religiosa della celebrazione, hanno compiuto progressi notevoli in una mediazione con l’ambiente civile e religioso. Alle feste intervengono rappresentanti del mondo politico e rappresentanti della Chiesa, attirati dalla partecipazione massiccia (a volte migliaia di persone). La presenza di autorità civili come di autorità religiose aiuta il comitato ed i loro simpatizzanti a costruire una immagine positiva e “pubblica” della festa.
Non sono mancati fraintendimenti a causa di una certa platealità delle feste religiose che, in alcune manifestazioni iniziali, erano accusate di “superstizioni pagane”, ma con il passare del tempo la celebrazione festosa ha assunto caratteristiche più contenute. Pur vestiti all'australiana (soprattutto nella parte sociale della festa dove le tradizioni italiane, come la musica ed il folklore, si sono ridotte di molto), l’anima continua a riflettere radici e origini italiane.

Gli italiani di Mascott

La mattinata di domenica 14 ottobre, i sacerdoti che fanno parte della delegazione, l’hanno trascorsa nelle chiese in cui si celebrano messe in lingua italiana. Questo capita sempre durante i viaggi all’estero di Migrantes, per sottolineare quale importanza abbia la pastorale in lingua italiana per gli emigranti. Don Domenico e Mons. Silvano hanno raggiunto la parrocchia di Santa Teresa, guidata dai padri scalabriniani e che si trova al 45 Southerland Street, in località Mascott. Ad accoglierli il delegato episcopale a Sydney per le migrazioni, padre Domenico Ceresoli.
120 persone sono presenti alle 8 del mattino, ben abituati alla puntualità e organizzati da una tradizione consolidata.
Si rspira aria organizzata e consapevole: chi fa il servizio dell’accolito, chi pensa a far scorrere i fogli giusti per un aiuto al canto corale, chi accompagna la musica al pianoforte, chi dirige il canto del piccolo coro che guida l’assemblea. Qualcuno pensa alla raccolta delle due questue, altri alle letture e chi alla processione per portare pane e vivon per la Messa. L’appuntamento domenicale resta l’incontro fondamentale per la comunità della prima generazione. Qua e là due coppie di nonni hanno con sé anche i nipotini strasvegli sia per l’orario presto della domenica sia perché eccitati dal piccolo servizio di portare i fiori all’altare sia perché tutto questo italiano fa un po’ troppo alle loro orecchie. Sono loro soli i rappresentanti dei minori e, fatalmente, diventano le maschottes di tutti.
La chiesa, ampia e ben tenuta vedrà ben quattro celebrazioni liturgiche sia in italiano che in lingua locale. Una famiglia di discendenti italiani vi celebrerà anche un battesimo.

sabato 13 ottobre 2007

Marconi Club di Sydney

Nel tardo pomeriggio di sabato 13 ottobre, la delegazione ha visitato una grande struttura di italianità che si trova nella periferia di Sydney, il Marconi club. Questo grande complesso, formato da numerose sale, ristoranti, spazi ricreativi, campi sportivi, eccetera, riveste un grande interesse per l’organizzazione italiana che si occupa della GMG 2008. Il prossimo anno festeggeranno il 50° di fondazione e sono all’apice della loro attività ricreativa e culturale con una forza non piccola assicurata dai 30.000 soci. In questo spazio potrebbe trovare ospitalità la manifestazione di italianità “Festa italiana” che, sulla scia di quanto è capitato a colonia nel 2006, avrà luogo anche nel 2008 a Sydney. Un’occasione, a margine delle celebrazioni ufficiali, per consentire ai giovani italiani partecipanti alla GMG di incontrarsi tra di loro, assieme agli italiani che vivono in Australia e ai giovani che raggiungono la GMG stessa al seguito delle loro conferenze episcopali nazionali appartenenti a famiglie di origine italiana. Una grande occasione, di livello mondiale, per sottolineare ancora una volta l’importanza dell’italianità in stretto collegamento che quest’ultima ha con la dimensione religiosa profondamente popolare.

Berrima, religiosità dei popoli

Penrose Park di Berrima, 5000 persone in cammino religioso

Lasciata la comunità italiana di Brisbane, dopo appena un’ora di volo abbiamo raggiunto la grande e bella città di Sydney. Non appena atterrato l’aereo, un generoso disponibilissimo giovane italo australiano, Salvatore Scevola, ci ha velocemente accompagnato ad un centinaio di chilometri di distanza, dove nel santuario della Madonna di Cestochova, situato nel Penrose Park di Berrima, era in corso una solenne celebrazione che ha luogo il 13 di ogni mese. Tale ricorrenza, è evidente, è collegata con l’anniversario delle apparizioni di Fatima e vede accorrere migliaia di persone in devoto raccoglimento ed intensa preghiera. Inutile sottolineare che queste persone sono gran parte rappresentanti di comunità straniere che vivono in Australia e che giungono sul posto con numerose auto e con diversi pullman. Questa provenienza è anche testimoniata da numerose cappelle e chiesette, forse un centinaio, che si trovano disperse nel percorso interno del parco che congiunge il santuario alla grotta di Lourdes. Si tratta di cappelle dedicate ai santi e ai titoli con il quale la Madonna è venerata nelle varie parti del mondo. Anche l’Italia fa la sua bella figura e la chiesetta dedicata a San Pio da Pietralcina è tra le più frequentate. Siamo arrivati sul posto e ci ha colpito la marea di persone che si accostava alla comunione distribuita da una quindicina di sacerdoti, tra i quali padre Canova missionario italiano a Camberra. Un pasto frugale e veloce nel convento dei padri Paolini, di origine polacca e perciò molto legati al ricordo di Giovanni Paolo II e quindi una lunga ed interminabile processione eucaristica fino alla grotta della Madonna di Lourdes, presieduta da sua eccellenza Monsignor Gaetano Bonicelli. Precedevano il baldacchino del Santissimo, numerose statue della Madonna, portate a spalla dai rappresentanti delle varie comunità presenti, che avevano con loro anche numerose bandiere e gonfaloni. Dopo la recita di diverse preghiere, in varie lingue, il vescovo ha impartito a tutti una solenne benedizione e ha tenuto una commovente ed apprezzatissimo discorso. Egli ha sottolineato come la Madonna costituisca la porta che conduce a Cristo e questo era ben rappresentato durante la processione dal fatto che le statue mariane precedevano l’ostensorio con il Santissimo sacramento. Quindi ha invitato i presenti a seguire la Madonna per ricercare Cristo e per dare un senso alla propria vita, compresa quella degli emigranti che hanno fatto molti sacrifici ma che hanno trovato nella fede cristiana un sostegno per superarli. Alla civiltà moderna, nella quale Dio non trova più posto, mons. Bonicelli ha augurato di ritrovare adeguati spazi anche per la trascendenza e non solo per la quotidianità e per il divertimento, poiché solo attraverso le ragioni della fede si può ridare un senso ad una vita frastornata che comprime anche la dignità umana e la centralità dell’uomo rispetto ad ogni altra considerazione. Gli emigranti, ha concluso il vescovo, sono dei bravi cristiani che stanno dare la loro testimonianza di fede nel loro impegno sociale anche nei paesi in cui vivono, inseriti nelle diocesi locali ma con degli spazi aggiuntivi nei quali si ritrovano più a loro agio.

Comunità italiana e ruolo storico

Il ruolo storico della comunità italiana.
Gli autori di Italo-Australiani si interrogano su quale impatto e ruolo possa aver avuto l’emigrazione italiana nel contatto con la società australiana.[1] Essi rilevano che dopo l’arrivo della grande migrazione italiana del dopoguerra:
“La presenza italiana cominciò a contribuire in profondità ai mutamenti irreversibili della comunità e dell’identità nazionale australiane.[2]
Per l’emigrante italiano i primi due decenni del dopoguerra furono fondamentali nel forgiare una nuova mentalità. Nella stragrande maggioranza dei casi si era emigrati in Australia per rimanervi, quindi era necessario distaccarsi dalle abitudini del “paese” e fare i conti con nuove realtà.
Se gli emigrati italiani hanno dovuto rinegoziare l' inserimento nella società che li aveva accolti, il mondo australiano non ha potuto evitare di entrare in contatto lo stile tipico italiano, ben evidente nei luoghi abitati dagli stessi. Esistono sobborghi, quali Carlton, Griffith, Fremantle, Fairfield, Leichhardt, dove da decenni si respira un’atmosfera tipicamente italo-australiana. Anche al di fuori di queste “nicchie” l'italianità si è affermata con la cucina italiana, conquistando i palati del grosso pubblico, i luoghi (strade e sobborghi) che portano i nomi di località italiane,[3] l’architettura, i negozi, i prodotti tipici della moda, i diversi modi di socializzare e di divertirsi (clubs e associazioni), realizzazioni concrete di una simbiosi culturale, sperimentate personalmente durante la celebrazione di molte funzioni come i matrimoni misti. Tutto questo ha prodotto un avvicinamento ed avviato una interazione fra mondi culturali diversi. L'effetto ottenuto é un maggior senso di tolleranza nella comunità australiana e, nel contempo, anche nella comunità italiana e nelle altre comunità etniche, attivando un’accettazione vicendevole, sulla base di nuovi parametri sociali, geografici e politici. Non più un mondo vicino all’Antartide, lontano dalla madrepatria l’Inghilterra, ma un mondo aperto al vicino continente dell’Asia non più vista con i soli occhi colonialisti o razzisti (“il pericolo giallo”, percepito alla fine della Seconda Guerra Mondiale).
Rimane da stabilire fino a che punto si possa parlare di un italo-australianità, una categoria che anche altrove, in America del Nord ad esempio, sfugge a descrizioni precise:
La situazione attuale dell’esperienza italo-americana si focalizza sulla 6° o 7° generazione di persone che sono adesso titolari di doppia etnicità: italiana ed americana. Infatti, la categoria “italo-americana” rappresenta una nuova realtà etnica che andrebbe studiata maggiormente.

La politica del multiculturalismo e la spinta verso rapporti più sereni a livello internazionale ha avuto una sua ricaduta anche sulle comunità cattoliche?
Era prevedibile almeno in parte che il sentimento di opposizione e a volte di intolleranza, provata agli inizi dell’avventura migratoria, venisse rimpiazzato da un sentimento di accettazione, rispetto e a volte ammirazione reciproca. Nell’ ambito strettamente religioso é da notare come una buona parte delle feste religiose siano nate sull’onda delle politiche multiculturali lanciate dal governo laburista agli inizi degli anni ‘70. Anche a livello parrocchiale si sono gradualmente assopite le incomprensioni fra i missionari per gli emigranti, coloro che comunque si adoperavano per gli stessi ed il clero australiano.
Due mondi religiosi diversi si erano incontrati senza capirsi. Pur essendo sorte incomprensioni iniziali, con l’andare del tempo si stabilì un modus vivendi, anche se non sempre conforme ad un ideale di reciproca accettazione ed apprezzamento.

Sotto l’aspetto religioso gli emigranti cattolici, finora giunti in Australia, riconoscono senza ombra di dubbio che gli Italiani hanno creato una serie di feste religiose e manifestano una venerazione particolare per i loro morti. Questi due aspetti caratterizzano la prima generazione di emigranti, che sono rimasti ancorati per esperienza e religiosità alla memoria di quello spirito cattolico avuto in dote dai loro paesi.
Alla precisa domanda se vi fosse stato un apporto specifico della comunità italiana al Cattolicesimo Australiano, il vescovo Joe Ò Connell rispondeva che “il cattolico italiano ha contribuito a far capire al cattolico Australiano medio che esisteva un’altra maniera di essere cattolici diversa dalla solita legata a norme precise”. E, proseguiva il vescovo, il loro senso di gioia, la promozione dell’incontro, la spiritualità spontanea derivante da un rapporto con Dio e con i Santi “nostri protettori” ha portato in Australia una ventata di aria fresca.
Il discorso é ben diverso quando si passa ai loro discendenti: si lasciano assorbire facilmente dal modo di vivere, dei loro coetanei, australiani e no, caratterizzato da indifferenza e distanza psicologica dalla Chiesa, come se fosse una istituzione che non li riguarda.
[1] Vedi Stephen Castles et al. (ed.), Italo-Australiani. La popolazione di origine italiana in Australia, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1992, soprattutto gli ultimi due capitoli, “Cultura, Comunita’ e ricerca di un’identita’ italo-australiana” (pp. 353-374); “Gli Euro-Australiani si affacciano sul Pacifico” (375-397).
[2] Idem, p. 353.
[3] L’Italian Forum a Leichhardt (Sydney) o la Lygon Street a Carlton (Melbourne).

Servizio civile a Brisbane

Laura e Cinzia 27 anni, Francesca di 25 e Miriam di soli 19 anni sono quattro giovani ragazze che fanno parte della delegazione italiana. Il loro viaggio però è di sola andata e si ferma a Brisbane. Sono le volontarie selezionate, sponsorizzate ed inviate dallo Stato italiano per il progetto di servizio civile che la Fondazione Migrantes ed il Servizio nazionale per la pastorale giovanile della CEI hanno presentato all’ufficio nazionale del ministero degli affari sociali attraverso la Caritas italiana.
In Australia gli operatori locali e responsabili del progetto e delle volontarie in servizio civile sono il titolare della parrocchia italiana di Brisbane e il presidente della F.C.I. federazione cattolica italiana membro dell’UCEMI-Migrantes.


Il progetto “verso Sydney 2008”

Il progetto nasce dalla volontà di mettere a disposizione dei giovani il patrimonio di esperienze e di conoscenze maturato lungo anni di servizio alla realtà dell’emigrazione.
E’ una risorsa per il loro protagonismo consapevole nella costruzione di una cultura della cittadinanza europea e permetterà alle quattro volontarie di incontrare culture diverse, comprenderle ed integrarle con la propria.
Il progetto per i criteri e le attività che prevede offre la possibilità di mediare un contatto ed una conoscenza approfonditi della realtà giovanile australiana, tramite le strutture, le persone e le attività dei centri pastorali italiani in Australia.
La concomitanza con il periodo di preparazione del prossimo incontro mondiale di Sidney (luglio 2008) rende particolarmente interessante per i giovani la realtà australiana, e costituisce un valore aggiunto per quanto riguarda la possibilità, da parte dei giovani volontari che svolgono il servizio, di diffondere conoscenze e di sensibilizzare ad un contatto diretto.

Il progetto “verso Sydney 2008 è iniziato il 1 ottobre 2007, ma ha richiesto un lavoro di quasi un anno.
A luglio 2006, infatti, è stata accreditata la sede di Brisbane quale luogo di svolgimento del progetto presentando i documenti richiesti, ad Ottobre 2006 si è redatto il progetto “verso Sydney 2008” e consegnato per una valutazione. Il progetto approvato ed ammesso al finanziamento in aprile 2007 è stato pubblicato sul sito web perché tutti i giovani interessati lo potessero studiare. 36 giovani hanno presentato la loro candidatura allegando curriculum vitae e gli attestati richieste dalla procedura. I responsabili degli enti promotori hanno incontrato e selezionato i volontari. I primi quattro che hanno ottenuto il massimo punteggio secondo i criteri di diplomi, professionalità, attinenze alle caratteristiche del progetto hanno ricevuto dall’UNSC l’invio ad iniziare il servizio civile presentandosi presso la sede dell’ente.
La prima settimana di ottobre hanno lavorato sulla formazione, il primo momento dei tre previsti, ed l’8 ottobre le quattro volontarie sono partite per l’estero.

Volontari e requisiti
Il progetto prevede 4 posti. Si deve essere cittadini italiani e godere dei diritti civili e politici, quindi non aver mai riportato ad esempio condanne penali per delitti non colposi, ed essere idonei fisicamente per il progetto con certificazione degli organi del Servizio Sanitario Nazionale (ASL competente o medico di famiglia su apposito modulario) con riferimento allo specifico settore d'impiego per cui si intende concorrere.
Le ragazze che hanno iniziato il servizio civile a Brisbane sono:Laura Meda, 27 anni di Casale Monferrato (AL); Francesca Versano, anni 26 di Genova; Miriam Rossi, anni 19 di Gallarate (VA) e Cinzia Amico, anni 27di Ortona (CH)

Dove si svolge
La sede principale del progetto sarà BRISBANE, in Australia, ma è previsto un periodo di servizio anche a Sidney in concomitanza con la Giornata Mondiale della Gioventù del 2008. Brisbane è la capitale dello stato del Queeensland, in Australia. La città di Brisbane conta circa 957.010 abitanti mentre la sua area metropolitana arriva ad avere circa 1.800.000 residenti, che la rendono, per popolazione, la terza area metropolitana dell'Australia. Oltre a questo, Brisbane è uno dei tre maggiori porti del paese

Quali sono gli obiettivi del progetto
Ai giovani che si sono avvicinati al Servizio Civile su progetto di Migrantes, Servizio nazionale per la pastorale giovanile e Caritas, enti della chiesa italiana, viene chiesto di pensare a questo anno non come una “parentesi”nella loro vita, ma come un anno intenso, ricco di stimoli e di sfide, un anno che raccoglie le memorie del passato e produce orientamenti per le scelte future.
Si propone un anno di formazione intesa come competenza del servizio che si svolge, ma anche come momento di auto-riflessione, di ripensamento e di scoperta. E’ un anno per mettersi alla prova, per conoscere se stessi e fare nuove amicizie; per condividere con altri giovani i propri vissuti attraverso la dimensione comunitaria e la sensibilizzazione. L’intento è quello di proporre un’esperienza che cerchi e costruisca senso. Un’esperienza che davvero cambi la vita.

Il progetto inoltre è nato dalla volontà specifica di Fondazione Migrantes di mettere a disposizione dei giovani il patrimonio di esperienze e di conoscenze maturato lungo anni di servizio alla realtà dell’emigrazione, nella convinzione che esso costituisca una risorsa per il loro protagonismo consapevole nella costruzione di una cultura della cittadinanza europea. Essa, infatti, si fonda sulla volontà – ma anche sulla capacità – di incontrare culture diverse, comprenderle ed integrarle con la propria. Non sempre le più diffuse forme di contatto vissute dai giovani (lo studio scolastico, i viaggi, gli scambi culturali…) sono sufficienti allo scopo. Il progetto offre pertanto la possibilità di mediare un contatto ed una conoscenza approfonditi della realtà giovanile australiana, tramite le strutture, le persone e le attività dei centri pastorali italiani in Australia, le parrocchie italiane.
La concomitanza con il periodo di preparazione del prossimo incontro mondiale di Sydney (luglio 2008) rende particolarmente interessante per i giovani la realtà australiana, e costituisce un valore aggiunto per quanto riguarda la possibilità, da parte dei giovani volontari che svolgono il servizio, di diffondere conoscenze e di sensibilizzare ad un contatto diretto.

Cosa e’ chiesto di fare ai giovani volontari

I giovani volontari che svolgono servizio civile parteciperanno alle iniziative e agli incontri giovanili di Brisbane, avranno rapporti strutturali con le parrocchie ed i centri italiani e le nostre rappresentanze diplomatiche: conosceranno così la rete di assistenza ecclesiale e civile degli italiani all’estero.
Per quanto riguarda le istituzioni australiane, i giovani volontari entreranno in contatto con le organizzazioni giovanili ecclesiali, con particolare riguardo a quelle impegnate a livello ecumenico ed interreligioso. Saranno in rapporto stabile con gli Uffici di Pastorale Giovanile della diocesi nonché con il Comitato Organizzatore della Giornata Mondiale della Gioventù 2008.
Attraverso la collaborazione in attività di animazione, apprenderanno le problematiche e le valenze positive legate all’emigrazione italiana in Australia; miglioreranno la loro conoscenza della lingua e della cultura australiane, attraverso la partecipazione ad incontri di organizzazione giovanili locali, la visita di alcune importanti località della Australia, la conoscenza con le Missioni e le famiglie italiane in Australia. Faranno crescere la conoscenza del servizio civile presso le Università e i Centri di aggregazione giovanile in Australia, come occasione di crescita civile e solidaristica.

venerdì 12 ottobre 2007

Congresso ANFE

In serata negli ampi e spaziosi locali del Club Abruzzo, la delegazione italiana ha partecipato ai lavori del congresso dell’Associazione nazionale famiglie emigranti ANFE, che festeggia quest’anno il sessantesimo anniversario di fondazione e il quarantacinquesimo di presenza in Australia. Di fronte ai 150 delegati provenienti da tutta l’Australia e numerosi ospiti del posto, la delegazione italiana ha avuto modo così di presentarsi e di illustrare le finalità della propria visita in Australia, assieme ad un’ulteriore presentazione del rapporto degli italiani nel mondo. Vi ha provveduto dapprima il Vescovo Bonicelli, il quale nel benedire la mensa ha trovato l’occasione di pronunciare parole appropriate per la circostanza, attraverso le quali ha sottolineato l’impegno della Chiesa italiana per il mondo dell’emigrazione, assieme all’invito a non smarrire i valori della cristianità, fondamentali per assicurare all’umanità intera condizioni di vita che siano rispettose della dignità umana, minacciata da un allontanamento dalla fede cristiana. Don Locatelli ha quindi parlato dell’attenzione che la Chiesa italiana continua di rivolgere agli emigranti e ha anche accennato al problema delle nuove migrazioni, che vedono ogni anno partire decine di migliaia di giovani qualificati per andare a lavorare all’estero in condizioni certamente meno svantaggiate di quelle delle passate generazioni di emigranti. Ha poi illustrato il secondo rapporto italiani nel mondo, sottolineando lo sforzo della Migrantes, che si è avvalsa di un comitato promotore composta da Acli, Inas-cisl, Mcl e missionari scalabriniani, nel comprendere ed aiutare a comprendere il fenomeno dell’emigrazione, la ricchezza di valori e di significati che la stessa rappresenta nell’interesse di tutta la nazione. Luigi Papais, a nome dell’Ucemi (Unione cristiana enti migranti italiani) ha ribadito nuovamente l’importanza del ruolo delle associazioni che operano nel settore dell’emigrazione, una rete che consente di mantenere contatti sia con gli emigranti del paese di partenza e di arrivo e con la patria natia. L’associazionismo, ha ribadito, è uno strumento ancora indispensabile per non disperdere quel grande patrimonio umano che era presente in tanti sodalizi che mantengono uniti di emigranti tra di loro. Esso va comunque aperto ancor di più ai giovani che, come confermano le statistiche, a partire dalla terza generazione riacquistano la consapevolezza di quanto sia importante riscoprire le proprie radici e di mantenere con forme nuove ed inedite contatti con quanti vivono nella terra dalla quale sono partiti i loro genitori o nonni. Ci sono nuove forme di comunicazione, come Internet, posta elettronica, chat, ecc. che possono consentire comunque l’assolvimento di queste esigenze, soprattutto a carattere culturale. Anche Don Nicolò Anselmi ha intrattenuto brevemente i pazienti ospiti, che hanno creato per noi una preziosa occasione di presentazione delle nostre iniziative, parlando della GMG e della necessità che le famiglie di origine italiana aprano le porte delle loro case e si mettano a disposizione dei nostri giovani, per consentire uno scambio culturale e spirituale, utile anche per il futuro delle associazioni.

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Brisbane mostra fotografica

Una mostra introspettiva e prospettica allo stesso tempo.
“Quello che noi siamo oggi è quanto siamo riusciti a fare insieme”. E’ il motto che guida una interessante mostra di disegni e fotografie che sono il risultato di un progetto condiviso da pittori, artisti e fotografi circa l’anima e le attese di una persona che si è sradicata da un contesto sociale per inserirsi in un altro come l’emigrante.
L’ispirazione è venuta infatti dalla constatazione del fenomeno dell’immigrazione italiana in Australia.
360 mila persone dal 1947 al 1976, “l’aspetto umano - recita la guida-di uno dei più significativi e riusciti esempi di riuscita immigrazione nella storia postcoloniale dell’Australia.
Il titolo della mostra è del resto eloquente:”la mia casa, la mia storia”.
Gli espositori – Su zanne Soopy, David Lloyd e Angela Blebely- hanno visto in questa immigrazione italiana l’inizio di una unica forma di multiculturalismo a partire dalla casa come luogo di ricordi del passato nel suo ornamento, nei mobili e fotografie e quant’altro ma, al tempo stesso, impostazione di culturale negoziazione con il presente della nuova residenza diversa nell’architettura e nelle suppellettili.
I valori “australiani” di individualismo e prosperità si sposano con la tradizione italiana di comunità e di solidale autorealizzazione.
Con questo, gli artisti vogliono espressamente opporsi ad una chiusura ideologica degli integralisti australiani dei primi tempi, espressa da un romanzo del 1957 di Nino Culotta (pseudonimo di un comico locale John O’Grady) che scrive in un passaggio: “Ci sono troppi nuovi australiani “che ancora vivono mentalmente nel loro paese, che fanno un tutt’uno con gente della propria nazionalità e tentano di mantenere la propria lingua e le proprie abitudini. Che,anzi, tentono di persuadere gli australiani di adottare i loro costumi ed il loro comportamento. Tagliamo corto. Non cè miglior modo di vivere nel mondo di quello australiano”.

ANFE : un’associazione per le famiglie dei migranti


Si deve alla On.le Maria Federici, professoressa di lettere, sposa e madre, formata e militante in Azione Cattolica, deputata DC al Parlamento già fin dalla fase costituente, la constatazione e/o intuizione che le Migrazioni sono un fenomeno sociale sostanzialmente e principalmente di natura familiare sia che emigri un solo componente o l’intera famiglia.
Per questo motivo nel 1947 fonda un’apposita associazione: l’ANFE ossia Associazione Nazionale delle Famiglie degli Emigranti.
Ne consegue il grande interesse che l’ANFE ha avuto per i ricongiungimenti familiari, per le “vedove bianche” cioè le spose in Italia dei capifamiglia emigrati, per gli “orfani della frontiera”, i figli di emigrati messi in collegi possibilmente ai confini nazionali per facilitare le visite (Domodossola, Veneto), per le ragazze “au pair” che andavano sole, e, spesso indifese, presso famiglie, specialmente in Inghilterra.
Si partiva sempre da una considerazione economica (l’operaio) e si puntava sulla condizione di cittadino (la persona), lo stato normale ed appagante era sempre l’unità e l’armonia del nucleo di base (la famiglia).
Oggi che la famiglia sta subendo grossi mutamenti al suo interno e forti pressioni spesso disgreganti dall’esterno ad opera di gruppi ideologici, appare con maggior evidenza la giustezza ed efficacia di una tale visione e l’opportunità di una simile prospettiva.
In questo anno, quando l’ANFE festeggia il suo 60° di fondazione, è importante fermarsi a riflettere su quella scelta fondamentale per confermare la validità ed aggiornarne le strategie.
Le politiche familiari sono infatti spesso indecise quando non mortificanti nei loro interventi, anzi si mostrano addirittura indifferenti sul “tipo” di famiglia da sostenere, mettendo in seria difficoltà natura e stabilità dell’unione di uomo e donna fondata sul matrimonio.
L’immigrazione sempre più numerosa e culturalmente diversificata accentua la necessità di chiarezza e di sostegno alla famiglia, prima e fondamentale cellula della società civile e base di quella religiosa.
Giustamente anche la sezione ANFE australiana, fondata nel 1962 da Giovanni Caruso che ne è stato il primo presidente ed ora ne è il delegato nazionale, ha convocato 150 delegati da tutte le città australiane per celebrare il 45° anno di vita, ma ancor più per una verifica ed un rinnovamento, anche di cariche sociali.
L’augurio della Fondazione Migrantes, presente con una qualificata delegazione: il già presidente della commissione episcopale per gli emigrati Mons. Gaetano Bonicelli, il già direttore nazionale ed attuale responsabile della stampa Migrantes Mons. Silvano Ridolfi, l’attuale direttore per gli italiani all’estero don Domenico Locatelli, il vice-presidente UCEMI (unione cristiana enti per i migranti italiani) dott. Luigi Papais, che sta seguendo in Sydney e sostenendo la prossima “Giornata mondiale della gioventù” (luglio 2008), è spontaneo e cordiale per un successo che è beneficio di tutta la comunità sia italiana che australiana.

Mons. John Alexius Bathersby



Incontro con Mons. John Alexius Bathersby arcivescovo di Brisbane
L’ultimo giorno trascorso a Brisbane è stato dedicato all’incontro con l’arcivescovo titolare della Diocesi di Brisbane.
S.E. mons. John Alexius Bathersby, 71 anni e un po’ sofferente per una fastidiosa artrosi ha accolto con grande cordialità la piccola delegazione. Guidata da S.E. Mons. Gaetano Bonicelli per 10 anni presidente della Commissione episcopale per le migrazione in Italia la delegazione era composta intieramente da sacerdoti: Mons. Silvano Ridolfi, don Domenico Locatelli, don Nicolò Anselmi e padre Mauro Conte responsabile della comunità scalabriniana locale. Le informazioni scambiate hanno toccati temi di interesse comune: il mondo delle migrazioni, i nuovi gruppi cattolici insediatisi nello stato del Queensland, la prima comunità rappresentata dagli italiani che sono sempre bene inseriti. La percentuale dei cattolici si attesta al 23,6% pari a 622.000 cattolici su una popolazione residente di 2.626.000 e lavora per ben costruire parrocchie territoriali capaci di offrire i servizi religiosi richiesti.
I gruppi più dinamici sono quelli provenienti dall’oriente, filippini, indiani del Kerala, vietnamiti. L’attenzione della diocesi è centrata soprattutto sui giovani, anche sulla spinta delle prossime Giornate mondiali della gioventù.
La diocesi di Brisbane conta 156 preti diocesani, 96 religiosi e 6 diaconi permanenti. Sono presenti 736 religiose e la pastorale ruota attorno a 109 parrocchie.

I responsabili della pastorale giovanile hanno avuto un colloquio anche con i vescovi ausiliari Mons. Joseph oudeman e Mons. Vincent Finnigan, incaricato per la diocesi di Brisbane per la partecipazione alla WYD.

La Chiesa cattolica in Australia










La Chiesa Cattolica in Australia aveva un volto molto diverso cinquant’anni fa. Vi era un numero sufficiente di clero autoctono, e con esso un numero ragguardevole di sacerdoti di origine irlandese. Inoltre grazie alla presenza di opere di carattere sociale (ospedali, ospizi, case di cura o di riabilitazione), negli anni subito dopo la Guerra Mondiale anche grazie all’ apporto dei nuovi emigranti cattolici, era avvenuta un’enorme espansione del numero di parrocchie e di attrezzature parrocchiali. A Melbourne, l’ Arcivescovo Mannix, tra il 1945 ed il 1965 aveva aperto 70 nuove comunità parrocchiali. Il ritmo di espansione e di sviluppo era sostenuto dai contributi dei fedeli. Oltre alle numerose scuole cattoliche vi era una sottocultura religiosa rappresentata dalle numerose associazioni che raggruppavano varie categorie di operai, professionisti e giovani cattolici.
Cinquant’anni dopo la stessa Chiesa Cattolica appare profondamente trasformata. Si traccia un bilancio preoccupante, sottolineando gli aspetti più macroscopici: l’abbandono del loro status sacerdotale o religioso di molti sacerdoti o consacrati; la chiusura di case di formazione e di diversi seminari; la gestione delle scuole cattoliche affidata ai laici; la partecipazione alla Messa domenicale, che si avvicinava al 60% negli anni ’50, scesa al 14%; il senso di appartenenza alla Chiesa Cattolica per i cattolici, giovani famiglie e i giovani in generale, concepita al di fuori degli insegnamenti ufficiali; l’immissione di nuove culture cattoliche provenienti da moltissimi paesi diversi non recepita nella sua ricchezza pentecostale e infine, aggiunge Dixon, il ruolo della donna e del laicato che stenta a decollare.
Di fronte a questa profonda trasformazione dei quadri, funzionanti solo 50 anni fa, molti si chiedono quale sarà il futuro della Chiesa in Australia: l’immissione sempre più rapida di sacerdoti “stranieri”, l’emergenza, documentata da studi, a livello di senso di appartenenza e di adesione agli insegnamenti della Chiesa, da parte di comunità etniche soprattutto se provenienti dall’Asia e l’affermarsi di movimenti come il Cammino Neo-Catecumenale, il Movimento Carismatico, il Thomas Moore Center a Melbourne ed altri aprono varchi di speranza.

Il cattolicesimo australiano é stato sollecitato ad uscire dalla sua insularità e da una dipendenza pluridecennale dal modello irlandese. Con gli emigranti europei, anche gli emigrati italiani hanno partecipato, forse inconsapevolmente, ad un’opera di ampliamento degli orizzonti limitati esistenti all’interno della Chiesa Cattolica e ad un impegno che mirava, pur attraverso lentezze e rifiuti, a costruire una chiesa più aperta e più cattolica.

Non si vede ancora la fine di questo impegno. Anzi.
L’arrivo di numerosissimi altri gruppi, meno consistenti e con alle spalle una esperienza religiosa sofferta nei loro paesi (Vietnamiti, Ucraini, Polacchi, Sudanesi, Medio Oriente ecc...) può avere un effetto benefico su una società gaudente e secolarizzata come l’Australia e su una Chiesa che parla troppo spesso di crisi, di declino, di perdite reali e incontrovertibili, una Chiesa ustionata dalla scomparsa di un passato “glorioso” nella sua storia. Questo passato glorioso, però, non può essere considerato né l’unico modello di Chiesa possibile, né il più valido. Nel giardino di Dio, secondo l’immagine usata da una commissione anglicana, vi sono fiori che appassiscono, ma vi sono anche fiori che rinascono e con colori diversi.

giovedì 11 ottobre 2007

Migrantes presenta il Rapporto italiani nel mondo a Brisbane



A Brisbane nel sobborgo di Wooloowin, nei locali della vecchia chiesa adibiti ora ad auditorium, è stato presentato il secondo rapporto degli italiani nel mondo 2007. Erano presenti più di 100 italiani. A loro è stato messo a disposizione il rapporto 2007.

La regia della serata è stata condotta impeccabilmente da Camillo Impellizzeri presidente della FCI (Federazione cattolica italiana).



Il primo intervento è stato di Mons. Silvano Ridolfi, memoria storica di Migrantes e responsabile del settore stampa della medesima fondazione. Il sacerdote, che vanta una lunga storia di missionario in Germania prima e di dirigente dell’UCEI poi, ha riassunto brevemente l’impegno di quest’ultima a favore del mondo dell’emigrazione, fino a divenire un punto di riferimento privilegiato per tutti gli emigranti. Si è quindi augurato che la presenza organizzata della Chiesa italiana in Australia possa continuare ancora, anche con forme nuove, per coniugare contemporaneamente l’esigenza di una presenza della Chiesa medesima e dei sentimenti di italianità che sono di grande conforto per le persone anziane ma anche di prospettiva per le nuove generazioni.



È stata poi la volta di Don Domenico Locatelli, direttore nazionale Migrantes per la pastorale per gli italiani nel mondo della Cei. Il direttore ha illustrato le finalità della sua struttura, che oltre a mantenere quotidianamente i rapporti con i missionari che lavorano a stretto contatto con gli emigranti, organizza anche delle occasioni di incontro con le comunità italiane all’estero. Qui in Australia, in questo momento l’impegno massimo di Migrantes è congiunto a quello del servizio di pastorale giovanile, sempre della CEI, per organizzare la partecipazione dei giovani italiani alla giornata mondiale della gioventù di Sydney 2008. Mentre gli incaricati del servizio di pastorale giovanile si occupa in Italia del percorso soprattutto spirituale che preparerà l’evento e in terra australiana cura di aspetti logistici per l’accoglienza dei circa 10.000 giovani che il prossimo anno verranno dall’Italia per la manifestazione, Migrantes si preoccupa di mettere in contatto le strutture dell’emigrazione, soprattutto quelle associative, per assicurare ai giovani, la migliore accoglienza possibile. L’evento del 2008 serve comunque in Australia, secondo Don Domenico, per rinsaldare i rapporti tra le comunità degli emigranti e attraverso i giovani anche per incentivarli ad entrare nelle associazioni per garantirne il loro rinnovamento generazionale. La Chiesa italiana però, oltre a garantire un minimo di servizio pastorale agli italiani all’estero, è impegnata con un’attività di ricerca e di approfondimento sulla consistenza dell’italianità all’estero. Un servizio, ha aggiunto l’oratore, che non ha finalità esclusivamente religiose, ma anche sociali, per essere di aiuto a tutti coloro che si occupano di emigrazione nella comprensione del fenomeno migratorio in termini attuali e per programmare il futuro degli interventi nel settore. Da qui l’esigenza che tutte le comunità italiane all’estero, ma anche le organizzazioni degli emigranti in Italia, presentino all’opinione pubblica questo rapporto e provochino una discussione foriera di una maggiore attenzione verso un fenomeno che richiede nuove forme di intervento che consentano agli italiani nel mondo di ottenere una sempre maggiore cittadinanza compiuta.



E’ stata poi la volta di Luigi Papais, vicepresidente nazionale dell’Ucemi, il quale ha parlato della rappresentanza degli interessi degli emigranti e del ruolo dell’associazionismo. A quanti ritengono che il ruolo dell’associazionismo sia superato, il relatore ha risposto che le associazioni dispongono di una rete certamente da rinnovare ma che copre capillarmente tutte le località dove vivono emigranti. Certo, ha aggiunto, oggi ci sono i parlamentari italiani all’estero che hanno certamente il massimo grado di rappresentatività in quanto sono stati eletti dagli italiani all’estero nel parlamento nazionale. Si tratta di una ristretta pattuglia di parlamentari, peraltro determinanti negli attuali equilibri politici, ai quali va raccomandata una maggiore iniziativa parlamentare a favore degli emigranti, dei quali sono i loro diretti rappresentanti. Occorreranno, secondo il vicepresidente dell’UCEMI, certamente delle modifiche alla legge elettorale che consentono di superare le difficoltà registrate in sede di prima applicazione della legge; tuttavia il diritto di voto faticosamente ottenuto dopo una serie di ennesimi rinvii, va garantito anche per il futuro, poiché non vi devono essere differenze in termini di diritti e doveri tra gli italiani che risiedono in Italia e quelli che vivono all’estero. Pertanto le associazioni, assieme ai Comites, Coasit e ad altre strutture di rappresentanza, costituiscono il collegamento tra gli emigranti, i parlamentari e le amministrazioni dello Stato e delle regioni, divenute quest’ultime, titolari di competenze nel settore che vanno comunque coordinate. Dunque, a suo avviso, le associazioni hanno ancora un ruolo che va valorizzato, anche attraverso un coinvolgimento dei giovani, secondo le modalità più consone al mondo giovanile, che sono assai diverse da quelle delle precedenti generazioni, ma attraverso il loro linguaggio schietto e la loro spontaneità, potranno garantire ancora un futuro all’associazionismo degli italiani all’estero. La GMG in terra australiana va letta, per quanto riguarda il notevole afflusso degli italiani, anche in questa prospettiva perché potrebbe costituire l’occasione per uno scambio di esperienze tra i giovani che vivono al di qua di là dell’oceano, oltre che un momento di incontro tra tutti coloro che sono protagonisti a vario titolo dell’italianità stessa.

Nella parte finale della serata sono state presentate alla comunità le quattro volontarie del servizio civile. La presenza di queste quattro ragazze, ha detto Impellizzeri, costituiscono una preziosa opportunità per la comunità italiana di Brisbane per far riacquistar vigore all’associazionismo locale che vede la federazione cattolica italiana in prima fila nel tenere viva l’italianità impostata secondo i valori della cristianità.

Marco Federici, formatore e delegato dell’ufficio pastorale giovanile della CEI ha intervistato le volontarie aiutandole a presentarsi all’assemblea presente. Dopo la presentazione ufficiale, i responsabili del servizio pastorale giovanile hanno illustrato le loro esigenze, prima fra tutte quella di veder accolto nelle diverse città australiane un notevole numero di giovani italiani. Le famiglie italiane possono svolgere egregiamente tale servizio di accoglienza favorendo così, accanto alle iniziative delle Diocesi, spazi spontanei e familiari di socializzazione e di confronto tra coetanei. Un’occasione, ha sostenuto Don Nicolò Anselmi certamente unica in terra australiana, da non lasciar quindi perdere sia per gli aspetti propri della pastorale giovanile ma anche per quelli del coinvolgimento dei giovani nell’associazionismo dell’emigrazione. Il vescovo Bonicelli ha concluso la serata con delle appropriate parole di stimolo e di riconoscenza nei confronti degli emigranti, accompagnate dall’affidamento al Signore di tutte le gioie, le ansie e le preoccupazioni di quanti vivono lontani dalla loro patria e che con il loro impegno contribuiscono a renderla più grande.