domenica 21 ottobre 2007

Gli Italiani residenti in Australia: quanti sono?












Gli Italiani residenti in Australia:secondo il Rapporto Migrantes "Italiani nelmondo 2007" su Dati AIRE sono descritti in questi numeri.





Donne 56.714 % 8,3
Minori di 19 anni 10.516 %9,0
Maggiori di 65 anni 25.327 %21,6
In età da lavoro (19-64 anni) 81.486 %69,5
Coniugati/e 43.572 % 37,1
Celibi/Nubili 63.999 % 54,5



TOTALE ITALIANI RESIDENTI IN AUSTRALIA 117.329 % 2,4 degli abitanti in Australia



Questi numeri si riferiscono ai cittadini italiani residenti in Australia, coloro che hanno la cittadinanza italiana e sono chiamati alle consultazioni italiane in quanto iscritte all’AIRE (anagrafe Italiani residenti Estero).
Per gli italiani oriundi che sono a tutti gli effetti italiani nel comportamento, cultura e partecipazione alla vita comunitaria italiana la stima è di 350.000.


Gli Italiani residenti in Australia divisi per Regione di provenienza sono:

REGIONI
Valle d'Aosta 51 0,04
Piemonte 2.893 2,5
Lombardia 4.846 4,1
Liguria 1.291 1,1
Trentino A. A. 667 0,6
Veneto 10.854 9,3
Friuli V. G. 5.746 4,9
Emilia R. 1.423 1,2
NORD 27.771 %7,7

Toscana 2.453 2,1
Marche 1.853 1,6
Umbria 402 0,3
Lazio 6.794 5,8
CENTRO 11.502 %9,8

Abruzzo 10.135 8,6
Campania 11.676 10,0
Molise 2.616 2,2
Basilicata 2.978 2,5
Puglia 4.437 3,8
Calabria 23.702 20,2
SUD 55.544 %47,3

Sicilia 21.261 18,1
Sardegna 1.251 1,1
ISOLE 22.512 %19,2

TOTALE 117.329 %100,0

Melbourne, una forte e vivace comunità

Melbourne è indubbiamente la città con la maggiore e più strutturata comunità italiana: oltre 100.000 nell’intero stato del Victoria, per il 90% concentrati nell’agglomerato di Melbourne, sulle 250.000 presenze in Australia.
Pur contando Melbourne 3.200.000 abitanti, la visibilità sociale degli italiani è grande sia per i loro successi economici sia per i risultati politici ( 3 ministri dello Stato del Victoria sono di origine italiana; diversi sono i sottosegretari e molti i deputati).
Forse meno visibile, ma non meno importante, è la loro presenza ed azione nella chiesa locale. Questa conta un milione di fedeli in 220 parrocchie con circa 300 sacerdoti diocesani ed altrettanti religiosi. Ogni domenica vengono celebrate almeno 38 mese in lingua italiana.
E’ il vescovo ausiliare Mons. Hilton Dicken ha dare elementi per una comprensione del fenomeno immigrazione nella chiesa e società autraliane. Egli, di formazione e professione antropologo, ha fatto uno studio dal vivo sugli aborigeni ed è stato messo in prigione in occasione degli ultimi scontri etnico-religiosi in Timor est dove era intervenuto nella sua qualità di Vicario episcopali per gli immigrati per portare un contributo alla riconciliazione fra cristiani e mussulmani.
E’ questo vescovo aperto e disinvolto che ha notato la forte incidenza culturale in Australia del modello americano, il primato cioé dell’economia con i conseguenti comportamenti di vita. In questo contesto, la immigrazione – soprattutto i profughi data la loro forte carica passionale e la violenza della espulsione – si inserisce e tende a far saltare alcuni schemi rigidi locali.
Egli sottolinea che l’accentuazione sul rispetto ed il sostegno per i diritti umani può costituire una base comune ed unificante e capace di muovere ad una azione salutare ed efficace.
La comunità italiana ha raggiunto traguardi e posizioni da cui contribuisce sensibilmente allo sviluppo della società locale ed ecclesiale.

sabato 20 ottobre 2007

La fatica di una pastorale ai migranti

Un breve accenno, incompleto sicuramente, sulla chiesa australiana di fronte al problema migratorio.
All’inizio dei consistenti flussi migratori dall’ Italia negli anni ’50, la Santa Sede nel 1952 pubblica il documento “Exsul Familia”. Lo studioso Frank W. Lewins nota che il documento non viene né tradotto, né pubblicato in Australia. Il sacerdote australiano Frank Mecham giustifica la posizione assenteista dei vescovi australiani con la motivazione:“che già possedevano un sistema che funzionava in maniera soddisfacente e confacente alle loro esigenze. Non pareva giusto adottare un sistema diverso”. Il sistema in vigore riguardava la promozione e l’inserimento nella società australiana di emigranti e rifugiati, conforme alle politiche governative del Paese. Gli eventuali sacerdoti stranieri che desideravano dedicarsi alla cura pastorale di emigranti venivano praticamente considerati alla stregua di assistenti dei parroci sui quali, e solo su di loro, cadeva la responsabilità morale di provvedere agli interessi spirituali dei cattolici stranieri. L’esperienza delle parrocchie nazionali nel Nord America, ritenuta nociva alla coesione delle comunità cattoliche in Australia, non venne accettata. La giustificazione adottata non convince per la sua precarietà storica. É evidente che, mancando chiare direttive dalla Conferenza nazionale dei Vescovi Australiani sul ruolo ed azione pastorale dei cappellani per gli emigranti, a questi vennero lasciate poche scelte: o lavorare partendo dal contesto parrocchiale, con tutti gli impegni specifici relativi (come nel caso degli Scalabriniani e Cappuccini) e, contemporaneamente, farsi carico di attività svolte a beneficio delle comunità etniche. oppure operare in sintonia con i centri religiosi, voluti e costruiti grazie al lavoro e alle risorse di comunità etniche, senza che questi fossero equiparati al sistema parrocchiale. É inutile aggiungere che un simile metodo é stato all’origine di non pochi fraintendimenti, soprattutto nei primi anni. Particolarmente “penalizzati” sono stati i cappellani singoli di collettività non numerose. Attualmente, come in passato, molte delle cappellanie sono tuttora gestite da membri di congregazioni religiose. Per quanto riguarda la comunità italiana, diverse Congregazioni religiose si attivarono per offrire un’assistenza religiosa. Una inchiesta approfondita, condotta nel 2002, ha evidenziato il coinvolgimento, a livello pastorale, di circa 15 congregazioni, sia maschili (Padri Cappuccini, Gesuiti, Salesiani, Benedettini, Scalabriniani, Francescani, Passionisti, Paolini, Missionari Colombani) che femminili (Suor Canossiane, Claretiane, Suore di S. Anna, Figlie del Sacro Cuore). Accanto a questo sforzo si inserirono alcuni sacerdoti secolari inviati dalle Diocesi italiane.

venerdì 19 ottobre 2007

Gli Italiani nella Chiesa Australiana

Gli italiani nella chiesa cattolica australiana
La chiesa cattolica in Australia è nata dagli irlandesi, in parte galeotti, in parte liberi emigrati. La sua gerarchia e i suoi preti per molti decenni vennero inviati dall’Irlanda ed essi fondarono comunità “istituzionalmente solide, ortodosse e di spiccata identità irlandese” (A. Paganoni, Valiant struggles and benign neglect, CMS, New York, 2003, p. 239 ). “Forse vale la pena affermare che l’Australia era tanto strettamente e caparbiamente britannica quanto la sua chiesa era strettamente e caparbiamente irlandese”, motivo per cui “l’arrivo di tanti immigrati di lingua diversa dall’inglese, trovò la Chiesa largamente impreparata. Bisognava trovare la soluzione per integrarli, con il processo dell’assimilazione” (A. Paganoni, ibid., p. 239). Tuttavia la chiesa ha dovuto amaramente prendere atto che i cattolici italiani non erano assimilabili e che non venivano in realtà a duplicare e triplicare il numero dei fedeli delle esistenti comunità parrocchiali e tanto meno ad aumentare l’influenza della popolazione cattolica nelle questioni australiane. Gli italiani, da parte loro, si sentivano estranei, guardati alla stregua di pagani, nonostante provenissero dalla terra dei Papi. La gerarchia cattolica si trovava così tra due fuochi: tra la necessità di non perdere i cattolici italiani e l’opportunità di non annacquare l’identità irlandese della chiesa cattolica australiana. C’erano certamente dei solenni documenti pontifici (primi fra i quali la Costituzione Apostolica Exul Familia di Pio XII, 1952 e il Motu Proprio di Paolo VI De Pastorali Migratorum Cura, 1969) che avrebbero dovuto guidare la gerarchia australiana, ma essa non era così ben disposta a seguirli interamente. Chiamare preti italiani era possibile, e lo fece, ma si trovò subito piuttosto ingarbugliata nell’inventare la pastorale adatta per gli italiani, il metodo di applicazione di questa pastorale e l’accordo con i missionari degli emigrati e, talvolta, con i laici. La paura o, per meglio dire, il terrore delle parrocchie nazionali sul modello statunitense, che avrebbero potuto incunearsi nella rigidità delle incolori parrocchie irlandesi, ebbe il maggior peso nella scelta pratica di provvedimenti giuridici e pastorali che i vescovi avrebbero alla fine dovuto prendere. “Dopo un breve tentativo di introdurre in diocesi qualche sacerdote per gli emigrati che da una qualsiasi canonica australiana organizzasse un’assistenza il più attiva possibile usando varie parrocchie territoriali, si passò, per gli italiani almeno, a uno schema più realistico ed efficace: dare la completa e tradizionale amministrazione di parrocchie territoriali ad alcuni di questi missionari, con la clausola chiara e pubblica di estendere da qualsiasi sede fissa e indipendente, il proprio ministero anche agli italiani residenti in altre parrocchie (…). Il beneficio maggiore di questo schema era di costringere il missionario italiano ad una piena riuscita nella parrocchia territoriale e a un impegno di emulazione con le altre parrocchie in modo da giustificare la sua presenza sotto ogni aspetto: linguistico, amministrativo e pastorale (A. Lorigiola, Parrocchie Nazionali e Parrocchie Territoriali, esperimento di fusione in Australia, in Collana “Sussidi”- 1, Problemi di storia, sociologia e pastorale dell’emigrazione, CSER, 1965, p. 130). La parrocchia territoriale, gestita da un parroco straniero, possibilmente con uno o più assistenti altrettanto stranieri, diveniva gradualmente un centro di attrazione per tutti gli italiani dei dintorni, dove trovavano ogni tipo di assistenza, compresa quella sociale, della quale avevano più necessità del pane quotidiano. Qui arrivavano da altre parrocchie inviti per messe in lingua italiana, confessioni periodiche, matrimoni, funerali, missioni annuali, tridui, feste patronali, così da rendere questa parrocchia un centro di irradiazione pastorale intenso. Da qui potevano partire anche iniziative dirette a una seria e precisa organizzazione del movimento italiano di apostolato laico da costituire in altri centri parrocchiali. È opportuno osservare che, grazie anche alla politica del multiculturalismo, i missionari degli italiani hanno potuto agire con una maggiore libertà, ampliata dalla loro paziente politica del “passo dopo passo” e del “fare senza esibire” documenti pontifici. In questa maniera i parroci australiani, e i Vescovi, hanno potuto constatare che gli italiani non erano meno fedeli degli irlandesi, a patto che fossero messi nella condizione di poter vivere la loro religiosità alla maniera nella quale era stata loro trasmessa. Senza il freno dell’identità irlandese, la Chiesa d’Australia avrebbe potuto sbocciare con maggior freschezza e vigore. Allo stesso tempo i cattolici italiani d’Australia hanno dimostrato che la fede dovrebbe portare a una religiosità più calda e umana e meno rigida e formalistica.
Entro lo schema di parrocchie territoriali “de jure” e nazionali “de facto”, alcune di esse sono divenute famose soprattutto per l’impegno sostenuto dall’Ordine dei Cappuccini e dalla Congregazione Scalabriniana, accreditata questa seconda anche di spettacolari interventi nell’assistenza degli italiani anziani fino al momento di andare oltre la linea di confine della vita. Quanti italiani avrebbero lasciato la religione cattolica senza l’aiuto dei sacerdoti italiani non si può certo stabilire, anche perché bisogna tenere in massimo conto la differenza tra fede e pratica esterna della religione. Ad ogni buon conto, l’importante è che essi sono ormai parte viva dei circa 6 milioni di cattolici che costituiscono oggi la Chiesa australiana. La maggior parte non è praticante, tuttavia nei censimenti, alla voce “religione di appartenenza” risponde “cattolica romana”.
Rapporto Migrantes Italiani nel mondo 2007 a cura di A. Lorigiola

Le associazioni in Australia

Nel Rapporto Italiani nel mondo 2007 che stiamo presentando in questi giorni in Australia non poteva mancare un capitolo dedicato alle associazioni che operano al settore dell’emigrazione.
È fuori dubbio che loro rappresentano la presenza organizzata dell’emigrazione italiana nelle varie parti del mondo. Esse sono presenti naturalmente anche in Australia, dove gli italiani sono ben organizzati e possono contare su una serie di associazioni di connazionali, di corregionali e anche del mondo giovanile, oltre ad una serie di mezzi di informazione che comprende radio, giornali e agenzie d’informazione in lingua italiana. Tutte sono nate dallo spontaneismo, dalla necessità di tenere in collegamento persone che avevano qualcosa in comune, perlopiù con uno spirito di mutualità e di assistenza, cose un tempo necessarie quando non esistevano altre forme di rappresentanza.
Ora ci sono i Comites (Comitato Italiani all’Estero istituiti dalla legge italiana n.286 del 23 ottobre 2003), ci sono i parlamentari eletti all’estero (Legge 459 del 27 dicembre 2001 che istituì la circoscrizione estera, suddivisa in quattro ripartizioni: l'Europa con 6 seggi per la Camera e 2 per il Senato; l'America meridionale con 3 seggi per la Camera e 2 per il senato; l'America settentrionale e centrale con 2 seggi per la Camera e 1 per il Senato; l'Africa, l'Asia, l'Oceania e l'Antartide con 1 seggio per la Camera e 1 per il Senato) designati dal 42,7 % degli aventi diritto nella circoscrizione estero lo scorso aprile 2006, ci sono le iniziative che le Regioni d’Italia vanno sostenendo attraverso il loro consultori. Nei primi anni di emigrazione tutto ruotava invece attorno alle associazioni e ai missionari cattolici italiani. Capillare è anche la presenza, in terra australiana, dei sindacati ed in particolare dei patronati, che pur occupandosi di aspetti previdenziali, rappresentano sempre una parte di italianità. I Co.as.it (Comitato di Assistenza per gli Italiani), invece, prestano assistenza ai bisognosi, che nel corso degli anni si sono notevolmente ridotti di numero e perciò la loro attività attuale si è riqualificata con iniziative di carattere soprattutto culturale, sociale e ricreativo. Frequenti sono gli scambi culturali, anche con le istituzioni scolastiche, al di qua e al di là dell’oceano, che vedono i giovani delle due nazioni perfezionare i loro studi e la conoscenza delle rispettive lingue, anche con il riconoscimento di crediti formativi rilasciati dalle autorità scolastiche. Di tutta questa rete associativa si servono anche le autorità diplomatiche, quelle consolari in particolare, che si occupano istituzionalmente di tutto quanto riguarda l’italianità nelle loro circoscrizioni consolari. In Australia abbiamo verificato dei problemi, peraltro abbastanza comuni in ogni parte del mondo, nei quali si dibattono i Comites, che con limitatissime risorse economiche fornite dal Ministero degli Esteri devono svolgere l’importante compito di essere presenti con delle proprie iniziative su tutto il territorio della circoscrizione consolare, il più delle volte molto ampio. In queste condizioni è evidente che i Comites non possono organizzare sul territorio gli incontri necessari per dare continuità al compito di rappresentanza loro affidato attraverso l’elezione diretta da parte di tutti gli emigranti italiani. Quanto alle associazioni, esse presentano, anche in terra australiana, i problemi comuni che si riscontrano un po’ ovunque. Le attività associative sono seguitissime da parte delle persone anziane, sono invece piuttosto carenti di presenze giovanili, presupposto fondamentale per la loro continuità futura. Resta perciò importante la necessità del coinvolgimento dei giovani nel mondo associativo, che va realizzato però con forme nuove e adatte ai tempi che viviamo. Ai giovani vanno fatte proposte concrete lasciando loro, spazi adeguati e perfino autonomi affinché diventino protagonisti di un nuovo modo di fare l’associazionismo, che solo in parte può essere uguale a quello del passato. Il loro grado d’istruzione, di professionalità, di inserimento nella società australiana è tale da poter creare una rete di rapporti che, avvalendosi delle nuove forme di comunicazione, possono comunque tenere in collegamento gli emigranti e allo stesso tempo dialogare con le istituzioni e con le realtà del paese in cui vivono.
Un lavoro quindi principalmente culturale, che dia una risposta alla domanda di cultura che è crescente negli emigranti di terza generazione, ma anche da parte della gente del posto, a partire dagli istituti di cultura, università, eccetera. Dopo le elezioni politiche del 14 aprile 2007 nelle quali si è votato per la prima volta all’estero, ci sono anche 18 parlamentari che in rappresentanza di emigranti siedono nel Parlamento italiano. Questa presenza non deve essere concepita come una diminuzione della rappresentanza delle associazioni. I parlamentari rappresentano interessi generali e non particolari e hanno perciò bisogno della rete associativa per conoscere problemi e per consultare gli emigranti, nei confronti dei quali hanno dei precisi doveri, non tanto ai fini della tenuta dei governi, quanto nel proporre leggi e soluzioni dei problemi che riguardano gli emigranti e che a loro sono ben noti. La dimensione della loro circoscrizione elettorale è immensa. I due membri del Parlamento italiano eletti in Australia rappresentano anche l’Africa e difficilmente riescono a mantenere dei contatti diretti e frequenti con gli elettori. Le loro “antenne” sono perciò rappresentate dai Comites e dalle associazioni, senza le quali difficilmente riescono ad essere presenti nella frammentata realtà della nostra emigrazione, che è distribuita in un vastissimo territorio, con delle circoscrizioni elettorali spesso più grandi dell’Italia intera. Le associazioni chiedono ai parlamentari di potenziare la rete consolare, soggetta ogni anno ai tagli di spesa, pur in presenza di un aumento dei costi cui vanno incontro per la loro attività. In un paese poi come l’Australia, dove la lingua italiana viene riconosciuta come seconda lingua d’insegnamento scolastico in vari Stati è inconcepibile assistere a dei continui tagli ai capitoli di finanziamento riguardanti questa voce di spesa, che riguarda anche le attività degli Istituti italiani di cultura. Queste sono cose che i parlamentari conoscono molto bene, perché anch’essi provengono dal mondo associativo, dai patronati o dai sindacati e si sono anche loro dibattuti nel passato in queste difficoltà. Nessuno nega loro il diritto di appartenere alle rispettive forze politiche, peraltro via obbligata nel Parlamento italiano, istituzionalmente strutturato attraverso gruppi parlamentari di natura politica. Gli emigranti si attendono però da loro iniziative legislative super partes, presentate congiuntamente da tutti gli eletti, senza vincolo di appartenenza politica, che rappresentino i ben noti interessi degli emigranti, Diversamente anche l’entusiasmo del voto degli italiani all’estero, peraltro sollecitato dalle stesse associazioni per tanti anni, anziché crescere diminuirà.
Anche l’attività delle Regioni, molto apprezzata perché consente ai sodalizi di poter sopravvivere almeno dal punto di vista finanziario, necessita di un concreto coordinamento. La sede ideale dovrebbe essere quella della Conferenza Stato – Regioni, che dovrebbe dar vita a progetti comuni, che abbiano cioè un percorso è delle risorse ben definite, onde evitare doppioni e sovrapposizioni. Ci sono delle regioni che hanno delle conoscenze specifiche e delle capacità organizzative diverse da altre, che potrebbero assumersi l’onere di capofila di un progetto, che potrebbe essere svolto assieme allo Stato e ad altre regioni. Non va dimenticato, fra l’altro, che sono frequenti i casi di famiglie che hanno persone appartenenti a più regioni e appare assurdo, soprattutto nelle piccole località, limitare talune attività esclusivamente ai cittadini che hanno discendenza da una determinata regione. Quando si è nel mondo globale bisogna comprendere che la rete dell’italianità all’estero non è fatta soltanto dai cittadini con passaporto italiano, ma anche da tanti oriundi e figli di emigranti e l’Italia deve rivolgersi a loro in termini globali. Certo, coloro che sono cittadini italiani a tutti gli effetti necessitano di una determinato trattamento che consenta loro di ottenere la cittadinanza compiuta alla pari di coloro che vivono in Italia. Ma è opportuno anche tenere viva quella rete di persone che hanno radici italiane, in quanto discendenti da italiani che, anzi, dovrebbero approfittare per riacquisire la cittadinanza italiana ed avere una parte più diretta alle vicende del paese al quale appartengono le loro radici, anche in presenza di doppia cittadinanza. Resta altresì la necessità di sostenere un grosso sforzo di investimento nei confronti dei giovani. Questo è un discorso che sentiamo fare in Italia e all’estero, ma esso rappresenta l’unica via d’uscita per evitare la dispersione di un patrimonio umano, che ha contribuito contribuisce tuttora a fare dell’Italia un grande paese. L’Italia ha quindi il dovere di sostenere l’azione del mondo associativo degli emigranti all’estero, in quanto l’emigrazione ha bisogno ancora di attenzioni e il nostro paese ha ancora bisogno degli emigranti. In questi ultimi tempi ci sono ancora giovani italiani che vanno all’estero per motivi di lavoro e che, se opportunamente sensibilizzati, potrebbero prendere contatto con le associazioni degli italiani dei luoghi in cui loro lavorano, per aiutare le medesime a capire com’è cambiata l’Italia e per aiutare l’Italia a capire come è cambiata l’emigrazione. Ne abbiamo incontrati diversi di questi giovani, che si sentono come pesci fuori d’acqua e che ambiscono a ricercare contatti con il nostro mondo associativo. Anche se la loro permanenza fosse solamente per pochi anni, sarebbero comunque uno stimolo per un’azione di confronto e di rinnovamento. Ci siamo domandati più volte come mai ai nostri incontri non partecipino quasi mai i pur numerosi giovani che vanno ogni anno in Italia per gli scambi culturali finanziati dalle regioni? Cosa vanno a fare in Italia si è poi al loro rientro non sono in grado di vivere una qualche vita associativa assieme ai loro corregionali? O sono gli anziani a costituire una difficoltà per una loro presenza di ritorno nelle associazioni oppure c’è superficialità nell’individuazione di quanti devono andare all’estero a nome delle rispettive regioni. Sono questi veri scambi culturali o sono solo occasioni di turismo a basso costo, quanto basta per poter dire che si è fatto qualcosa per i giovani? Questi sono interrogativi che vengono spontanei di fronte a certe verifiche che in più occasioni abbiamo avuto modo di realizar. Un altro strumento possibile, per rivitalizzare le associazioni, è quello di usufruire di progetti di volontariato civile, attraverso i quali inviare all’estero dei giovani italiani, che vivendo nelle famiglie, possano contribuire nel corso dell’anno in cui dura il loro servizio, a far ritrovare le ragioni per continuare la vita associativa. Forse loro stessi, con uno spirito proprio della loro giovane età, potranno dialogare con i coetanei che vivono all’estero e con essi preparare dei progetti che diano loro le risposte che si attendono in fatto di riscoperta delle radici di italianità. L’Ucemi è convinta che se ogni anno cento giovani italiani vengono in Australia e cento giovani italo australiani vengono in Italia, nel giro di pochi anni l’associazionismo potrebbe disporre di almeno un migliaio di nuovi operatori culturali a disposizione dei nostri emigranti. Proprio perché non facciamo politica, ma svolgiamo un compito di promozione sociale finalizzata al bene comune, possiamo rappresentare un punto di riferimento che aiuti le associazioni a volare alto, pur mantenendo le proprie specificità e i propri riferimenti. Una sfida tutta da verificare, ma è un tentativo di dare una risposta che vada oltre alle continue lagnanze, che altro non fanno che fotografare una situazione di fatto che unanimemente tutti sosteniamo non possa più andar oltre. Ecco perché il Rapporto degli italiani nel mondo rappresenta un valido strumento di conoscenza, ma anche di stimolo e di forte sollecitazione non solo per le autorità ma soprattutto per le associazioni.

Melbourne : gmg 2008

Vescovo e collaboratori pronti per la GMG
Il sorriso accattivante e la buona parlata italiana del Vescovo ausiliare di Melbourne Christopher Charles Prose uniti alla chiarezza e determinazione del coordinatore diocesano per la Giornata mondiale della gioventù 15-20 luglio 2008 il fratello marista Mark O’Connor, hanno messo a proprio agio la delegazione Migrantes, don Domenico Locatelli direttore dell’ufficio per gli italiani all’estero, Mons. Dilvano Ridolfi responsabile stampa della Migrantes e Luigi Papais vice presedente dell’UCEMI (Unione Cristiana Enti per i migranti italiani). L’inocntro prevedeva uno scambio di riflessioni circa la venuta dei giovani italiani che visiteranno Melbourne prima e dopo l’evento di Sydney con il Papa.
Mentre la responsabilità gestionale ed organizzativa di quelle giornate compete al servizio nazionale per la pastorale giovanile della CEI d’intesa col Comitato centrale di Sydney e relativi comitati diocesani, prevedere e promuovere l’accoglienza che va dalla sistemazione alla proposta di utilizzo delle giornate prima e dopo l’evento di Sydney, tocca alla Migrantes che ha relazione diretta con i parroci italiani e le associazioni presenti in Australia.
Per questo servizio abbiamo incontrato il comitato diocesano di Melbourne, e le rappresentanze della comunità italiana come il Comites (Comitato italiani all’estero) ed il Coasit ( Comitato assistenza italiano), associazioni e parrocchie italiane. Si è riscontrata una grande disponibilità ed impegno ad ospitare secondo le possibilità e ad accogliere i giovani italiani perché conoscano con incontri, visite e dibattiti sia la locale comunità italiana, specie giovanile sia la città ospitante nelle sue specificità e bellezze.
Anche le autorità civili si presentano con grande comprensione e collaborazione, donando fra l’altro l’uso gratuito dei mezzi pubblici.
Melbourne ha un particolare gemellaggio con la città di Milano, sia a livello civile che ecclesiale, si attendono circa 500 giovani provenienti dal capoluogo lombardo.
Inoltre il comitato di Melbourne ha provveduto a spedire ad ogni diocesi italiana un DVD con l’invito a raggiungere la più grande città italiana d’Australia. Il programma che stanno ultimando prevede molte animazioni durante la settimana dal 10 al 14 luglio. Ci hanno assicurato che prevedranno anche un programma per la settimana successiva dal 21 al 26 luglio, pur con un impegno organizzativo limitato.
Melbourne è una grande città di oltre 3 milioni e mezzo di cui oltre 60.000 italiani, con una superficie estesa da non far mancare tempi per gli spostamenti e gli incontri.
Proprio per questo è importante la collaborazione della comunità italiana per chi si ferma in Australia dopo la GMG, quando riprenderà per gli australiani la vita normale, con la riapertura delle scuole ad esempio, e cesseranno le prestazioni ufficiali delle comunità civili e religiose locali.
Ma si è sicuri che i nostri ragazzi verranno assistiti e ritorneranno alle loro diocesi e parrocchie con una positiva esperienza da partecipare alle loro comunità locali.

giovedì 18 ottobre 2007

Melbourne presentato il rapporto Migrantes

Giovedi sera alle ore 19.30 è stato presentato il rapporto Migrantes 2007 sugli Italiani nel mondo. La bella sala Grollo in Faraday St. Carlton di Melbourne al numero 189, ha accolto più di 80 persone, rappresentanti di istituzioni ed associazioni italianie.
La visita previa all’importante centro del Co.as.it diretto dall’executive Director Giancarlo Martini-Piovano ci ha mostrato l’impressionante attività di assistenza alle persone e alla cultura italiana che l’associazione svolge. Le 300 persone che lavorano per queste attività la dicono lunga sulle buone relazioni con il governo locale e con le Istituzioni italiane dalle quali si attingono risorse economiche per garantire i servizi quotidiani alle persone italiane che vivono sul territorio della città la più italiana d’Australia.
Sauro Antonelli, toscano di Lucca e presidente del Com.it.es (Comitato Italiani all’Estero, comitato eletto dagli italiani della circoscrizione consolare e con le mansioni riconosciute e disciplinate dalla legge italiana n.286 del 23 ottobre 2003) ha organizzato la serata e coordina gli interventi dopo aver salutato gli intervenuti e spiegato il motivo della visita della delegazione della Chiesa italiana. Il console generale Francesco De Conno esprime soddisfazione per la serata e partendo dalla sua esperienza diplomatica sottolinea l’importanza della documentazione e dello studio per assicurare un buon lavoro nelle comunità italiane.
Mons. Ridolfi descrive il compito specifico e importante della Chiesa che in mezzo ai migranti svolge una presenza di vicinanza e di servizio, organizzativo e sociale quando c’è la necessità, ma soprattutto di evangelizzazione, di insegnamento della religione e di sostegno alla pratica delle fede cattolica. Molti sacerdoti, suore e laici hanno lavorato bene per le famiglie cristiane e ci stimola a fare ancor meglio per affrontare le nuove situazioni e non scoraggiarci se l’annuncio cristiano sia, oggi, accolto solo da una minoranza.
Luigi Papais in una riflessione articolata e appassionata, parla delle Associazioni che pur si trovano in crisi e hanno bisogno di ricambio generazionale pur restano il punto di riferimento base per costruire presenza e rappresentatività istituzionale e regionale. Le associazioni sono chiamate a riflettere e a partecipare sempre meglio sui cambiamenti che si dovranno adottare per meglio organizzare le istituzioni rappresentative degli italiani nel mondo: Comites, CGIE (Consiglio generale degli Italiani all’estero), e i 18 parlamentari eletti nella circoscrizione estero. La natura delle associazioni, regionali, devozionali, culturali, sportive, è il punto di partenza che non va dimenticato perché ci lega alle radici ispiratrici del gruppo associativo e ci assicura i riferimenti per una nuova presenza per il futuro.
Don locatelli, direttore Migrantes per gli italiani nel mondo, presenta la struttura del rapporto e il valore del Migrantes 2007 sugli Italiani nel mondo. Sottolinea che è un prodotto di un lavoro di equipe dove hanno visto insieme alla migrantes, le Acli, l’Inas.cisl, MCL e i missionari scalabriniani, perché non si può più lavorare da soli. Le quattro sezioni del rapporto presentano flussi e presenze italiane tra storia e attualità con relativi dati e statistiche, aspetto socio-culturali e religiosi, aspetti socio-economici e alcuni temi di approfondimento e alcuni allegati con tabelle statistiche regionali. 37 capitoli per 465 pagine con il contributo di 50 ricercatori e studiosi.
Alcuni interventi dell’assemblea hanno soprattutto accentuato il problema della cittadinanza da riconoscere alle seconde generazioni. In tal senso un capitolo del rapporto traccia le linee attuali della riforma e delle problematiche connesse.
Il coordinatore Sauro Antonelli ha poi provveduto alla consegna di cinque benemerenze al laico Ugo Romanin unico socio fondatore rimasto della FCI ( Federazione cattolica italiana) d’Australia, a padre Luciano Rocchi francescano, a Suor Cesarina Paolini, pastorella che è stata il motore per ben 42 gruppi italiani di preghiera,e due alla memoria di Padre Bernardo Canterani, Francescano, riconoscimento ritirato dal nipote Luigi e a padre Paolo Zolin salesiano ritirato da padre Gaetano Riolo giovane prete italiano salesiano.
Il rinfresco finale ha permesso lo scambio di notizie ed impressioni sulla prossima giornata mondiale della gioventù e sulla situazione delle nostre comunità italiane di Melbourne.

Onore al merito

La visita della Delegazione Migrantes è stata l’occasione per adempiere ad un atto previsto in occasione della conferenza di studio « Memoria e profezia » programmata per il 5-6 giugno 2007 e che, per motivi tecnici, non si è realizzata.
I contenuti delle riflessioni preparate dagli accademici invitati ad intervenire sono stati comunque riuniti in una pubblicazione che vedrà la luce fra poche settimane.
Per tale occasione si era previsto di esprimere il riconoscimento ad alcune persone emblematiche e rappresentative del mondo cattolico che, con dedizione e generosità, assicura da decenni un buon servizio alla comunità italiana. Nella Fondazione Migrantes esiste un libro d’oro dove sono iscritte le persone meritevoli di encomio per lasciare memoria alla storia del loro contributo esemplare a beneficio degli emigrati italiani nel mondo.
Oltre una pergamena che riporta il testo della laudatio, è stata consegnato un manufatto riportante una formella in bronzo della fuga in Egitto tratta dal battente di San Zeno in Verona, la raffigurazione dei tre campioni per l’emigrazione italiana: Beato Scalabrini, Santa Cabrini e Mons. Bonomelli e la scritta incisa al laser su un quadrato di cristallo di una frase attribuita a Mons. Scalabrini: “Portare ovunque sia un italiano emigrato, il conforto della fede ed il sorriso della Patria”, semplicemente Grazie.

Tre riconoscimenti sono stati alla memoria.

Padre BERNARDO CANTERZANI, Francescano, nacque a Monte San Pietro, in provincia di Bologna il 3 gennaio 1924. Venne ordinato sacerdote per l’Ordine dei Francescani Minori il 16 Luglio 1950. Dal 28 giugno 1980 lavora a fianco dei Padri Scalabriniani in varie località dell’Australia. Per la sua opera instancabile a favore della comunità italiana, Padre Bernardo venne aggregato alla Congregazione Scalabriniana come Confratello Spirituale.
Si donò cuore ed anima alla predicazione di missioni che continuò anche quando le condizioni di salute erano diventate malferme.
Muore improvvisamente il 16 Febbraio 2000 nella canonica di Santa Brigida. È sepolto nella tomba scalabriniana del cimitero a Carlton

Padre PAOLO ZOLIN, Salesiano, nacque a Breganze in provincia di Vicenza il 21 Luglio 1879.
Ricevette l’ordinazione sacerdotale a Albany (New York).
Dopo diversi compiti dedicati all’insegnamento ed impegni pastorali svolti negli Stati uniti con esemplarità, fu trasferito a Manila come segretario della Nunziatura Apostolica. Vi rimase dal 1939 fino al 1945.
Sfuggito miracolosamente al tentativo di sicura uccisione da parte delle forze armate giapponesi, subito dopo la conclusione del conflitto mondiale fu invitato all’Arcivescovo di Adelaide (Australia) ad iniziare il ministero fra la crescente comunità italiana di Adelaide e dintorni. In quest’opera di recupero spirituale dei primi emigrati Italiani profuse le sue migliori energie e lasciò un ricordo indelebile nelle famiglie italiane che aveva visitato nel giro di pochi anni.
Affidò l’opera meritevole ai suoi confratelli salesiani che nel frattempo avevano deciso di fondare una loro sede a Brooklyn (Adelaide). Morì a Melbourne il 21 agosto 1963 all’età di 85 anni.

LENA SANTOSPIRITO fu una donna italiana che si distinse a due livelli: il primo, più appariscente, per la sua opera benemerita nel campo dell’ assistenza sociale a beneficio della comunità italiana, prima durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale a Melbourne. I quasi tremila documenti mantenuti nell’inventario dell’ Istituto Storico a Melbourne attestano la sua attività a beneficio di tanti emigranti Italiani.
Forse meno conosciuta è stata la sua profonda fede che l’ha sorretta nella sua opera disinteressata, nonostante il sentimento di inadeguatezza personale manifestata ad un cerchio di amici intimi. Ha collaborato attivamente con i due Gesuiti Padre De Francesco e soprattutto con Padre Ugo Modotti, offrendo la sua collaborazione generosa e, in un secondo tempo, come Presidente della Archibishop’s Committee for Italian Relief dal 1946 al 1955.
Come tante donne Italiane, dedicò alla preghiera una buona parte del suo tempo, partecipando alla Messa anche più di una volta al giorno. E in questo è stata, nella sua fede e pratica cristiana, un simbolo per tutte le donne italiane in emigrazione.

Altre cinque persone hanno potuto ritirare loro stesse il riconoscimento preparato dalla Fondazione Migrantes.
Suor CESARINA PAOLINI, Pastorella, è nata a Lentella (Chieti) nel 1927. nel 1949 è entrata a far parte dell’Istituto delle Pastorelle fondato da Don Alberione.
Dopo diversi impegni pastorali in Italia, nelle parrocchie di Massa Martana, Bussi e Polinago, nel 1957 fu destinata a raggiungere una nuova fondazione a Carlton (Melbourne), iniziata nel 1955. Nei primi anni, Suor Cesarina si impegnò ad assistere le giovani madri che erano alla ricerca di un lavoro. Dopo essersi specializzata come sarta all’Emily Mc Pherson College, insegnò alle donne italiane il cucito.
Nel frattempo prestava la sua opera indefessa in varie parrocchie della città di Melbourne.
Nel 1978, Suor Cesarina diede inizio al Movimento Cattolico Carismatico per la comunità italiana. Contribuì personalmente alla fondazione di circa 40 sezioni nello stato del Victoria e anche nel Sud Australia. Nel 2003, Pur continuando ad offrire la sua attività, Suor Cesarina decise di ritirarsi per raggiunti limiti di età.

Padre GIOVANNI RACCANELLO, Scalabriniano è Nato a Crespano del Grappa (Treviso) il 4 Maggio 1928.
Dopo aver completato gli studi filosofici e teologici in Italia e negli Stati Uniti (Marquette University, Milwaukee) è stato ordinato sacerdote per la Congregazione Scalabriniana il 22 Maggio 1952 a Chicago. Dopo l’anno di aggiornamento a Roma, fu assegnato all’Australia, dove assunse diverse responsabilità pastorali a Unanderra, North Lismore, Melbourne.
Nel 1971 fu nominato membro del Comitato Centrale in preparazione al 40mo Congresso Eucaristico Internazionale. Terminato questo impegno particolare, ricoprì diversi incarichi pastorali. Dal 15 Maggio 1989 fino all’Aprile 2002 fu Direttore del Centro Italiano di Rinnovamento Cattolico, congiuntamente ad altre responsabilità a livello diocesano.
Attualmente è assistente nella parrocchia di Dee Why (Sydney.

Padre LUCIANO CAMILLO ROCCHI, cappuccino, nacque a Prignano sulla secchia (Modena) il 10 Marzo 1926. Frequentò I corsi filosofici e teologici presso il collegio di Propaganda Fide a Reggio Emilia. Fu ordinato sacerdote per i Padri Cappuccini il 24 dicembre del 1950.
Giunse a Melbourne il 18 settembre 1951 e fu assegnato alla comunità di Hawthorn come cappellano della comunità italiana. Dopo aver insegnato per due anni Latino e Italiano nello studentato di Plumpton (NSW), ricoprì vari incarichi pastorali, che lo portarono ad Adelaide, a Townsville, a Brisbane, Perth, Yenda (NSW).
Dal 1972 si trova di nuovo a Melbourne come superiore della comunità religiosa ad Hawthorn. Trascorre due anni di studio alla St. Paul’s University (Ottawa). Ritorna a Melbourne, al santuario di S. Antonio di cui diventa rettore. Fu insignito dell’onorificenza (Order of Australia).

Il Signor UGO ROMANIN nasce a Cordenons (Udine) il 9 maggio del 1933. Emigra in Australia ed arriva in Australia il 3 settembre del 1960. Inizia la sua esperienza in emigrazione lavorando come sarto, mestiere che aveva già appreso in Italia.
Nel Dicembre del 1960, a contatto con la missione Scalabriniana di Fitzroy (Melbourne), fu convocato da Padre Aldo Lorigiola a far parte del primo gruppo della Federazione Cattolica Italiana (FCI). Con Ugo Romanin, l’unico superstite dei primi dodici tesserati , si costituì il primo nucleo dell’organizzazione.
Ugo è sempre stato un cattolico praticante e convinto. Si è adoperato per l’espansione e lo sviluppo della Federazione Cattolica Italiana e per tutti i connazionali che avevano bisogno di aiuto spirituale e morale. Ha fatto parte in diverse riprese del comitato statale e fu Presidente del Comitato Nazionale.
Ugo ricorda con nostalgia i primi anni veramente entusiasmanti, dove occorreva spiegare agli emigrati Italiani una gamma di valori e di opportunità che la nostra fede cristiana ci ha dato.


Padre NEVIO CAPRA, Scalabriniano, è nato a Merlara in provincia di Padova il 2 Ottobre 1934.
Fu ordinato sacerdote per la Congregazione Scalabriniana il 12 Marzo del 1960 a Piacenza. Subito dopo la sua ordinazione sacerdotale fu inviato dai suoi Superiori in Italia. Si dedicò alla cura degli Italiani e in particolar modo si prodigò a beneficio degli sfollati del terremoto nel Belice in Sicilia.
Nel 1978, con un gruppo di laici interessati, diede inizio all’assistenza sistematica degli anziani Italiani nello stato del New South Wales.
L’iniziativa raccolse il pieno consenso della collettività italiana e nel giro di alcuni anni si giunse alla realizzazione di diversi villaggi per gli anziani, chiamati “Scalabrini Villages Incorporated”.

lunedì 15 ottobre 2007

Rinaldo Fabbro, l’architetto dei due mondi.

Rinaldo Fabbro, l’architetto dei due mondi, progettista costruttore di oltre la metà del centro storico di Sydney

Nella cronaca del nostro viaggio non possiamo elencare tutte le persone che incontriamo e che comunque ringraziamo per la loro presenza ai nostri incontri. Ci soffermiamo però, di tanto in tanto, sui personaggi che hanno reso famosa l’Italia grazie al loro duro ed intenso lavoro e che sono riusciti a distinguersi grazie ai loro successi professionali. Uno di questi è l’architetto Rinaldo Fabbro, di origine friulana, emigrato in Australia fin dal 1949, acquistando il biglietto della nave attraverso un debito pagato a rate. Dopo aver combattuto la guerra di Resistenza nella divisione partigiana dell’Osoppo, d’ispirazione cristiana, Fabbro si è laureato in architettura a Venezia e grazie alla chiamata di uno zio che già lavorava in Australia, è partito anche lui alla volta della terra nuovissima. Non potendo esercitare la professione perché la laurea conseguita in Italia non era riconosciuta in Australia, è divenuto imprenditore edile, introducendo l’uso del cemento armato nelle costruzioni, fino a quel momento sconosciuto sul luogo. Attraverso la sua impresa Fabbrostone è riuscito a far giungere in Australia ben 380 operai friulani, che hanno dato vita ad un villaggio denominato Cooma, situato nel mezzo del deserto, dove tuttora un gruppo consistente di famiglie parla ancora la lingua friulana. Ottenuta anche in terra australiana la laurea in architettura, si è impegnato a lungo sia come progettista che come costruttore di grandi palazzi. Il 65% degli edifici più alti della City di Sydney sono stati realizzati con le tecniche innovative introdotte da Rinaldo Fabbro che giustamente è stato definito l’architetto dei due mondi. Altri edifici, da lui progettati o costruiti dalla sua impresa si trovano a Camberra e a Sydney. Il suo estro creativo lo ha portato a cimentarsi anche nella cultura, con diverse opere pittoriche, anche di grandi dimensioni e di particolare pregio. Per tanto ha dato vita anche ad una galleria d’arte, ideata con l’intento di essere un luogo d’incontro per visionare le diverse arti contemporanea, create da artisti nazionali ed internazionali, ed ospitare opere di artisti australiani ed europei. I primi tempi della sua permanenza in Australia sono stati molto duri, perché, all’epoca, gli emigranti vivevano in condizioni difficilissime e con tanta diffidenza da parte di tutti, comprese le autorità. Era profondamente convinto che il cemento armato potesse cambiare il volto delle città australiane, ma nessuno gli dava retta pur essendo comprovata la tradizione familiare nel settore. Il nonno infatti era stato uno specialista dell’uso del cemento armato, lavorando anche per lo zar di Russia, antecedentemente alla prima guerra mondiale, risanando il palazzo del Cremino dalle infiltrazioni d’acqua e dall’umidità. La prima commessa lavorativa ottenuta fu la sistemazione di una facciata di un edificio di quattro piani in Margaret Street. Per eseguire tali lavori erano necessarie delle impalcature, ma la sua piccola ditta, di recente costituzione, non aveva denaro per noleggiare le impalcature. Venne a sapere che a Sydney c’erano degli acrobati provenienti da Praga che si esibivano al circo. Chiese aiuto a loro che accettarono di eseguire i lavori durante il fine settimana, quando cioè non avevano spettacolo. Nella città infatti in concomitanza con il fine settimana tutte le attività si fermavano e ben pochi notavano quanto stava accadendo. Vennero poste delle travi fuori dalle finestre dell’edificio in ricostruzione; ad esse vennero legate delle corde che consentirono agli acrobati di lavorare sostenendosi ed arrampicandosi su tali supporti. Dopo alcune settimane i lavori erano già conclusi con il stupore di tutti, compresa la polizia che non sapeva spiegarsi come fossero stati eseguiti dei lavori senza alcun permesso per posare le impalcature sul suolo pubblico. Con i soldi ricavati da questa avventura veramente azzardata, Fabbro acquistò le prime attrezzature per la propria ditta e cominciò così la sua lunga attività di costruttore di palazzi. Nonostante i successi ottenuti non si è mai montato la testa e conduce una vita tutto sommato abbastanza modesta. Dal ventiduesimo piano di uno dei suoi palazzi in Keent Street continua a seguire le questioni più importanti della sua azienda e si abbandona anche ad altre progettazioni e perfino alla pittura. L’affetto per il Friuli è sempre rimasto intatto e costituisce per lui un legame forte. Padre di cinque figli, è tornato più volte nel paese natio anche per sottolineare le proprie radici cristiane, alle quali è molto attaccato. Ama ricordare insegnamenti di un prete della Carnia, quando viveva in clandestinità da partigiano, nascosto in una chiesa di montagna. Ricorda soprattutto l’insegnamento della sua mamma, che al momento della partenza per l’emigrazione, gli raccomandò vivamente di non mancare mai alla messa festiva. Messa che faceva celebrare la domenica anche nei cantieri dove lavoravano gli operai, come documentato da una bellissima foto d’epoca esposta nel suo studio, che raffigura una messa celebrata al campo. Insomma un bell’esempio di emigrante che ha saputo farsi strada e fare onore alla propria patria. Anche Migrantes si complimenta con Rinaldo Fabbro, perché ha saputo essere un bravo cittadino italiano ed australiano, nonché un bravo cristiano. Tra l’altro, da emigrante ha saputo valorizzare anche i circensi, settore che accanto a quello dell’emigrazione rientra nelle finalità di Migrantes stessa.

domenica 14 ottobre 2007

Club Italia di Lansvale

Club Italia: friulani, abruzzesi e veneti allertati per la GMG

La serata di domenica sera 14 ottobre è stata impegnata dalla delegazione per una visita al Club Italia, al Wharf Road di Lansvale. Le associazioni sono ospitate in locali costruiti dagli emigranti friulani che, come ovunque nel mondo, amano riunirsi attorno al loro Fogolar.Il focolare non è soltanto uno spazio fisico dove ci si riscalda dal freddo, ma è soprattutto un luogo nel quale la famiglia si ritrova per mantenere vive le proprie radici, che sono anche cristiane. L’accoglienza del vicepresidente Filiberto Donati e del direttore del locale il signor Ben Sonego è stata veramente calorosa. L’argomento della discussione, accompagnata da una simpatica cena a base di prodotti tipici italiani, è stato ancora una volta quello dell’accoglienza dei giovani della GMG 2008. Gli ospitanti si sono detti certi che gli italiani che vivono in Australia e a Sydney, in particolare, dimostreranno agli italiani che verranno per lla circostanza la loro massima disponibilità. In tal senso anche i locali del Club Italia, che ora oltre il friulani ospitano anche gli abruzzesi veneti, saranno messi a disposizione dei giovani della GMG affinché si sentano come nelle loro case. Anche nella serata di italianità che si terrà a margine delle manifestazioni ufficiali, vedrà sicuramente la partecipazione degli italo australiani e sin d’ora le associazioni divulgheranno l’evento. Mancano ancora 10 mesi, ma date le immense distanze dell’Australia, è proprio il caso di cominciare da subito il passa parola.

Gli italiani di Haberfield

L’arcivescovo mons. Gaetano Bonicelli ha presieduto una solenne celebrazione nella chiesa di St. Joane of Arc, al 97 Dalhousie St, Haberfield. Una grande partecipazioni delle famiglie italiane, con la chiesa ben riempita e la presenza di non meno di 400 persone motivate e ben partecipanti.
Vero animatore è il dinamico, ma ahimé non più giovane, Monsignor Dino Fragiacomo, della diocesi di Trieste, che assicura un prezioso e generoso servizio alla comunità italiana.
Il suo impegno nella Diocesi di Trieste fu molto grande, come sacerdote con i giovani ed i ragazzi dapprima e poi chiamato dal vescovo ad occuparsi dell’impegno diocesano di preparazione dei corsi per il matrimonio, i rapporti con i mezzi di comunicazione per arrivare al progetto grandioso, quello della costruzione ed animazione del tempio dedicato a Maria Madre e Regina. Lo slancio finale della titanica opera venne sulla grande azione di consacrazione alla Vergine che il Papa e tutti i vescovi d’Italia fecero nel 1959.Egli è venuto in Australia per trascorrere la propria quiescenza, ma ha trovato in questa terra novissima le ragioni per un impegno intenso, con dei ritmi che risulterebbero pesanti anche per un giovane sacerdote.
Assistendo alla funzione religiosa ci si rende conto di quanto sia ben animata la comunità cattolica italiana, che partecipa con vera convinzione alle preghiere, ai canti, all’eucaristia. La messa domenicale che si celebra in questa parrocchia viene trasmessa da radio Italia in tutta l’Australia e consente quindi alla Chiesa italiana, attraverso questo potente mezzo di comunicazione, di mettersi in contatto con tutti coloro che comprendono l’italiano. Mons. Bonicelli ha illustrato ai presenti ancora una volta l’impegno della Chiesa cattolica italiana nel seguire gli emigranti e li ha affidati alla protezione dei santi dell’emigrazione, tra i quali Santa Cabrini e il Beato Scalabrini. Ha poi chiesto a tutti di adoperarsi, nel miglior modo possibile e nelle forme più convenienti per la buona riuscita della GMG del 2008 e per favorire l’incontro delle famiglie italiane con i giovani ospiti che arriveranno dall’Italia. Prendendo poi spunto dal Vangelo del giorno, che narrava della parabola dei lebbrosi, ha chiesto a tutti di riscoprire il valore della gratitudine, poiché solo attraverso questo sentimento si può creare condizioni di vita rispettose nei confronti di tutti. A sua volta, ha espresso la gratitudine della Chiesa italiana per la testimonianza di fede che gli emigranti sanno dare nelle nazioni in cui vivono e ha ringraziato i missionari italiani per il bene che continuano a realizzare all’interno delle comunità a loro affidate.

Gli italiani di Earlwood

Pochi chilometri, una berve fermata per raccogliere la mamma di 93 anni e poi, Maria Forte, farmacista di professione e organista per diletto ci accompagna alla chiesa Our Lady of Lourdes in una località che conta una comunità italiana abbastanza grande.
Ci riesce di salutare il parrocco di origine irlandese che ha terminato da poco la celebrazione per la comunità parrocchiale.
Ci raggiunge padre Tiziano, scalabriniano, reduce da due messe dette altrove, compresa una breve celebrazione alla villa scalabrini per gli ospiti anziani che vi abitano.
Si celebra anche un 50° anniversario di matrimonio e la coppia originaria dalla Sicilia condivide con i frequentatori abituali e i propri familiari il momento di festa e di celebrazione.
Anche in questa chiesa più di un centinaio di persone partecipa alla liturgia. Il coro è ben preparato e assicura un canto buono e per nulla improvvisato. Ogni servizio previsto è svolto con cura. Si fa il ricordo della giornata della famiglia indetta dalla Diocesi.
Alla fine della messa viene data la parola ai rappresentanti della delegazione “che viene da Roma” e don Domenico Locatelli, direttore della fondazione Migrantes trasmette i saluti e assicura l’interesse dei vescovi italiani per gli emigrati italiani. Invita tutti a vivere con serenità e a partecipare alle manifestazioni che si svolgeranno nel prossimi giorni a Sydney, compresa la serata di presentazione del rapporto italiani nel mondo 2007.
Al termine della messa domenicale si prepara e si accoglie un matrimonio di una coppia italiana della seconda generazione.
Fuori dalla chiesa si fa conoscenza con alcuni personaggi italiani.
Carmela Testa originaria di Cerame (trapani) in Australia dal 1956. Due figli, un ingegnere del genio civile con due figli, la figlia, non sposata, che vive con la mamma ed assicura un buon tono di qualità sia per il lavoro interessante che svolge sia per il raffinato gusto culturale che possiede e condivide con tutti. Visitiamo la bella casa che hanno costruito 15 anni orsono. E’ tipico degli italiani d’Australia la cura di investire i propri risparmi nella costruzione di belle case, spaziose, ben curate, circondate da un po’ di terreno per il giardino e per coltivare qualche legume. Le pareti presentano magnifici quadri tessuti con la tecnica del punto croce, che manifestano l’abilità di Maria. L’unico rammarico è che il marito non ha potuto godere della buona costruzione perché la malattia lo tolse all’affetto della moglie e dei figli 10 anni fa. Ora le due sole donne in casa, con la mamma di ben 93 anni ben portati, sembra perfino troppo impegnate nel tenere accogliente e impeccabilmente in ordine la loro dimora.
Anche Filippa Messina ha 93 anni ed è accompagnata dalla figlia che la conduce in macchina alla chiesa di Earlwood ogni domenica per la messa in lingua italiana. Lei è in Australia dal ’69 anno dove molte famiglie siciliane subirono la profonda ferite del terremoto nella Valle del Belice e si decisero a partire anche sulle facilitazioni assicurate dal governo australiano e dalla sicurezza data dai parenti che già vivevano nel nuovissimo mondo. E’ originaria di Poggioreale e porta con sé molto della sua tradizione siciliana e popolare.
Nonno Vito invece è un bel tipo siciliano originario da Vizzini in provincia di Trapani. Ha 87 anni, Vito Giordani e ricorda con piacere che il paese suo è quello della “cavalleria rusticana” e che ai suoi tempi tutto era come è cantato nell’opera. Ha passato una vita alla General motors come operaio alla catena di montaggio ed ora sta in pensione, aiutandosi pure con il bastone per non cadere e sentirsi più sicuro. Gli fa compagnia il nipote, pure lui Vito di nome e testimonia dell’uso ancora apprezzato di trasmettersi il nome di battesimo da padre in figlio fino alle generazioni che verranno. E’ lavoratore e studente allo stesso tempo perché frequenta corsi serali per meglio qualificarsi. Non manca di arrotondare lo stipendio con qualche attività lavorativa in pizzeria alla sera del sabato e domenica.

Italiani e pratica religiosa in Australia

Statistiche. Le statistiche sulla pratica religiosa degli Italiani devono essere estrapolate da categorie che riguardano gli emigranti in genere, come “i nati altrove” e coloro che, pur essendo nati in Australia, hanno uno o entrambi i genitori nati altrove.
Sondaggi all’interno della Chiesa Cattolica o in collaborazione con altre Chiese rivelano che la pratica religiosa, come l’adesione agli insegnamenti della Chiesa, degli immigrati nati altrove é alla pari o sorpassa in percentuale coloro che sono nati in Australia. L’ultimo censimento rivela un dato molto incoraggiante: il 95.4% degli Italiani e loro discendenti si dichiara cattolico. Lo studioso Desmond Cahill spiega la forte tenuta degli italiani con il fatto che, in un mondo sempre più globalizzato nelle sue manifestazioni, si fa sempre più impellente la ricerca di uno spazio spirituale, in cui ritrovare le radici della propria appartenenza, una specie di “casa”, di comuni affetti e sentimenti che lega e affratella, nonostante le distanze geografiche.

Associazioni e Feste. Le circa 150 “feste religiose”, gestite da altrettante associazioni in tutti gli angoli del continente australiano, riflettono una storia ed una cultura tipica soprattutto del Meridione. Nonostante le frequenti lamentele sulla mancanza di nuove leve dagli impegni che incombono sui membri del comitato, oramai in età avanzata, le giovani generazioni partecipano soprattutto alla parte sociale delle feste. É un esempio tipico del rapporto fra il passato storico degli emigrati e le nuove condizioni culturali in cui vivono e agiscono i giovani in un contesto di emigrazione.

Queste feste, a distanza di anni, dimostrano una vitalità notevole. Gestite e controllate da comitati laici, senza o con un apporto limitato da parte del sacerdote le cui prestazioni si limitano alla parte religiosa della celebrazione, hanno compiuto progressi notevoli in una mediazione con l’ambiente civile e religioso. Alle feste intervengono rappresentanti del mondo politico e rappresentanti della Chiesa, attirati dalla partecipazione massiccia (a volte migliaia di persone). La presenza di autorità civili come di autorità religiose aiuta il comitato ed i loro simpatizzanti a costruire una immagine positiva e “pubblica” della festa.
Non sono mancati fraintendimenti a causa di una certa platealità delle feste religiose che, in alcune manifestazioni iniziali, erano accusate di “superstizioni pagane”, ma con il passare del tempo la celebrazione festosa ha assunto caratteristiche più contenute. Pur vestiti all'australiana (soprattutto nella parte sociale della festa dove le tradizioni italiane, come la musica ed il folklore, si sono ridotte di molto), l’anima continua a riflettere radici e origini italiane.

Gli italiani di Mascott

La mattinata di domenica 14 ottobre, i sacerdoti che fanno parte della delegazione, l’hanno trascorsa nelle chiese in cui si celebrano messe in lingua italiana. Questo capita sempre durante i viaggi all’estero di Migrantes, per sottolineare quale importanza abbia la pastorale in lingua italiana per gli emigranti. Don Domenico e Mons. Silvano hanno raggiunto la parrocchia di Santa Teresa, guidata dai padri scalabriniani e che si trova al 45 Southerland Street, in località Mascott. Ad accoglierli il delegato episcopale a Sydney per le migrazioni, padre Domenico Ceresoli.
120 persone sono presenti alle 8 del mattino, ben abituati alla puntualità e organizzati da una tradizione consolidata.
Si rspira aria organizzata e consapevole: chi fa il servizio dell’accolito, chi pensa a far scorrere i fogli giusti per un aiuto al canto corale, chi accompagna la musica al pianoforte, chi dirige il canto del piccolo coro che guida l’assemblea. Qualcuno pensa alla raccolta delle due questue, altri alle letture e chi alla processione per portare pane e vivon per la Messa. L’appuntamento domenicale resta l’incontro fondamentale per la comunità della prima generazione. Qua e là due coppie di nonni hanno con sé anche i nipotini strasvegli sia per l’orario presto della domenica sia perché eccitati dal piccolo servizio di portare i fiori all’altare sia perché tutto questo italiano fa un po’ troppo alle loro orecchie. Sono loro soli i rappresentanti dei minori e, fatalmente, diventano le maschottes di tutti.
La chiesa, ampia e ben tenuta vedrà ben quattro celebrazioni liturgiche sia in italiano che in lingua locale. Una famiglia di discendenti italiani vi celebrerà anche un battesimo.