sabato 13 ottobre 2007

Comunità italiana e ruolo storico

Il ruolo storico della comunità italiana.
Gli autori di Italo-Australiani si interrogano su quale impatto e ruolo possa aver avuto l’emigrazione italiana nel contatto con la società australiana.[1] Essi rilevano che dopo l’arrivo della grande migrazione italiana del dopoguerra:
“La presenza italiana cominciò a contribuire in profondità ai mutamenti irreversibili della comunità e dell’identità nazionale australiane.[2]
Per l’emigrante italiano i primi due decenni del dopoguerra furono fondamentali nel forgiare una nuova mentalità. Nella stragrande maggioranza dei casi si era emigrati in Australia per rimanervi, quindi era necessario distaccarsi dalle abitudini del “paese” e fare i conti con nuove realtà.
Se gli emigrati italiani hanno dovuto rinegoziare l' inserimento nella società che li aveva accolti, il mondo australiano non ha potuto evitare di entrare in contatto lo stile tipico italiano, ben evidente nei luoghi abitati dagli stessi. Esistono sobborghi, quali Carlton, Griffith, Fremantle, Fairfield, Leichhardt, dove da decenni si respira un’atmosfera tipicamente italo-australiana. Anche al di fuori di queste “nicchie” l'italianità si è affermata con la cucina italiana, conquistando i palati del grosso pubblico, i luoghi (strade e sobborghi) che portano i nomi di località italiane,[3] l’architettura, i negozi, i prodotti tipici della moda, i diversi modi di socializzare e di divertirsi (clubs e associazioni), realizzazioni concrete di una simbiosi culturale, sperimentate personalmente durante la celebrazione di molte funzioni come i matrimoni misti. Tutto questo ha prodotto un avvicinamento ed avviato una interazione fra mondi culturali diversi. L'effetto ottenuto é un maggior senso di tolleranza nella comunità australiana e, nel contempo, anche nella comunità italiana e nelle altre comunità etniche, attivando un’accettazione vicendevole, sulla base di nuovi parametri sociali, geografici e politici. Non più un mondo vicino all’Antartide, lontano dalla madrepatria l’Inghilterra, ma un mondo aperto al vicino continente dell’Asia non più vista con i soli occhi colonialisti o razzisti (“il pericolo giallo”, percepito alla fine della Seconda Guerra Mondiale).
Rimane da stabilire fino a che punto si possa parlare di un italo-australianità, una categoria che anche altrove, in America del Nord ad esempio, sfugge a descrizioni precise:
La situazione attuale dell’esperienza italo-americana si focalizza sulla 6° o 7° generazione di persone che sono adesso titolari di doppia etnicità: italiana ed americana. Infatti, la categoria “italo-americana” rappresenta una nuova realtà etnica che andrebbe studiata maggiormente.

La politica del multiculturalismo e la spinta verso rapporti più sereni a livello internazionale ha avuto una sua ricaduta anche sulle comunità cattoliche?
Era prevedibile almeno in parte che il sentimento di opposizione e a volte di intolleranza, provata agli inizi dell’avventura migratoria, venisse rimpiazzato da un sentimento di accettazione, rispetto e a volte ammirazione reciproca. Nell’ ambito strettamente religioso é da notare come una buona parte delle feste religiose siano nate sull’onda delle politiche multiculturali lanciate dal governo laburista agli inizi degli anni ‘70. Anche a livello parrocchiale si sono gradualmente assopite le incomprensioni fra i missionari per gli emigranti, coloro che comunque si adoperavano per gli stessi ed il clero australiano.
Due mondi religiosi diversi si erano incontrati senza capirsi. Pur essendo sorte incomprensioni iniziali, con l’andare del tempo si stabilì un modus vivendi, anche se non sempre conforme ad un ideale di reciproca accettazione ed apprezzamento.

Sotto l’aspetto religioso gli emigranti cattolici, finora giunti in Australia, riconoscono senza ombra di dubbio che gli Italiani hanno creato una serie di feste religiose e manifestano una venerazione particolare per i loro morti. Questi due aspetti caratterizzano la prima generazione di emigranti, che sono rimasti ancorati per esperienza e religiosità alla memoria di quello spirito cattolico avuto in dote dai loro paesi.
Alla precisa domanda se vi fosse stato un apporto specifico della comunità italiana al Cattolicesimo Australiano, il vescovo Joe Ò Connell rispondeva che “il cattolico italiano ha contribuito a far capire al cattolico Australiano medio che esisteva un’altra maniera di essere cattolici diversa dalla solita legata a norme precise”. E, proseguiva il vescovo, il loro senso di gioia, la promozione dell’incontro, la spiritualità spontanea derivante da un rapporto con Dio e con i Santi “nostri protettori” ha portato in Australia una ventata di aria fresca.
Il discorso é ben diverso quando si passa ai loro discendenti: si lasciano assorbire facilmente dal modo di vivere, dei loro coetanei, australiani e no, caratterizzato da indifferenza e distanza psicologica dalla Chiesa, come se fosse una istituzione che non li riguarda.
[1] Vedi Stephen Castles et al. (ed.), Italo-Australiani. La popolazione di origine italiana in Australia, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1992, soprattutto gli ultimi due capitoli, “Cultura, Comunita’ e ricerca di un’identita’ italo-australiana” (pp. 353-374); “Gli Euro-Australiani si affacciano sul Pacifico” (375-397).
[2] Idem, p. 353.
[3] L’Italian Forum a Leichhardt (Sydney) o la Lygon Street a Carlton (Melbourne).

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