lunedì 8 ottobre 2007

Presenza italiana in Brisbane

Brisbane è la capitale dello stato del Queeensland, in Australia. La città di Brisbane conta circa 957.010 abitanti mentre la sua area metropolitana arriva ad avere circa 1.800.000 residenti, che la rendono, per popolazione, la terza area metropolitana dell'Australia. Oltre a questo, Brisbane è uno dei tre maggiori porti del paese



una presenza basata sulla comune tradizione.

“La piccola ma tenace colonia Italiana di Brisbane...” tale definizione, mediata da Il Giornale Italiano del 22 novembre 1933, è forse quella che meglio chiarisce l'identità della collettività italiana residente a Brisbane tra il 1870 ed il 1940. Sebbene tale comunità non possa assolutamente competere per dimensioni con quelle di Melbourne o di Sydney, certamente per tenacia non è seconda a nessuno. Fin dall'inizio, infatti, è composta di persone coraggiose ed intraprendenti, che lasciano un segno profondo nella storia della capitale del Queensland.

Riprendendo una recensione di Stefano Girola, sul libro di Fabio Baggio “Gli Italiani di Brisbane”. Brisbane, a cura dello Scalabrini Migration Center; Rintocchi-Brisbane, 2004, pubblicata sul periodico Studi Emigrazione, Vol. 42, Settembre 2005, n. 159, pp. 704-706 cosî viene presentata la comunità di Brisbane.

“Intenzionato a far fiorire nel Queensland una civiltà cattolica, il primo vescovo di Brisbane, l’Irlandese James Quinn, svolse negli anni ’70 del secolo XIX un’intensa opera di reclutamento in Europa, mirata ad un’ immigrazione di “qualità” piuttosto che di quantità. I sacerdoti, gli uomini di cultura e gli artisti italiani convinti da Quinn ad imbarcarsi per gli antipodi formeranno il primo nucleo della comunità italiana di Brisbane. A loro sono legati eventi e monumenti di rlievo nella vita ecclesiastica, culturale ed artistica della capitale.

Insieme alle reclute “illustri” di Quinn cominciarono ad arrivare altri Italiani, che ben presto si raggrupparono nel quartiere di Breakfast Creek, riconosciuto già nell’ultimo decennio del secolo XIX come una “Little Italy”. L’autore, sulla base di fonti precedentemente trascurate, rievoca dettagliatamente e vivacemente le vicende biografiche dei più intraprendenti fra questi emigrati: da Giovanni Battista Pullè, che dopo aver lanciato la “Italo-Australian Commercial Company”, si dedicò alla distillazione del brandy, alla produzione di vino e pasta (con la “Excelsior Macaroni Company”), nonché all’attività editoriale; a Giuseppe Franceschi, arrivato a Brisbane con l’intento di sperimentare nel Queensland coltivazioni tipicamente mediterranee, ed il cui bagaglio personale comprendeva tralci di vite, olivo, alloro e corbezzolo. Infine il pisano Giovacchino Maccheroni, che si fece conoscere non solo per la produzione di pasta, caffè e vino, ma anche per la collaborazione con il vescovo locale nell’assistere gli emigranti italiani appena giunti in città.

Al 1877 risale la prima iniziativa pubblica della piccola comunità italiana, che costituì una “Società di Patronato e Mutuo Soccorso tra gli Italiani nel Queensland”, con lo scopo di “aiutare tutte le persone meritevoli di nazionalità italiana col dare consiglio, procurare lavoro, concedere prestiti e fornire assistenza economica”. I notabili della comunità si mobilitarono anche nel 1891 quando fu annunciata la storica spedizione della nave Jumma, che avrebbe aperto all’emigrazione italiana le piantagioni di zucchero e di tabacco del Nord Queensland. Memori di precedenti spedizioni dagli esiti fallimentari, gli Italiani di Brisbane si premurarono di informare il Governo Italiano sulle reali condizioni lavorative del Queensland, anche per scongiurare i rischi di truffe o contratti svantaggiosi a scapito dei coloni italiani. Riconoscendo nella generosità e nell’affetto patrio le “virtù caratteristiche dei cittadini italiani residenti a Brisbane”, Baggio cita anche il loro sostanzioso contributo alla colletta mondiale per il soccorso ai veterani della Guerra di Abissinia nel 1896. Tuttavia, almeno fino agli anni ’30 del secolo XX, la collettività italiana stentò a diventare una comunità coesa capace di fare causa comune intorno ad obiettivi condivisi. Ne è prova l’esiguo numero di associazioni italiane, a confronto con altre città australiane. Fra le poche realtà associative, spicca la fondazione nel 1924 della “Italo-Australian Association”, ad opera del

Salesiano Ernesto Coppo, che aveva cominciato la sua esperienza pastorale fra gli Aborigeni delle zone remotedel Kimberley (…..)

A partire dagli anni ’30, la situazione comincia a cambiare. Sostenuti dai rappresentanti Consolari del egime fascista, gli Italiani fondarono un numero crescente di associazioni politico-culturali. Pur non mancando gli esempi di tendenze antifasciste, le principali associazioni di questo periodo (il “Fascio di Brisbane” e la “Società Dante Alighieri”) sono espressione di un fascismo locale che secondo Baggio “più che un’affiliazione politica, è un sentimento nazionalistico infervorato dai successi dell’Italiamussoliniana”.

Significativamente il primo documento pubblico del “Fascio di Brisbane” fu un telegramma di auguri all’arcivescovo di Brisbane James Duhig. Ammiratore di Mussolini e appassionato sostenitore del binomio “Fede e Patria”, l’arcivescovo fu un’importante figura di riferimento per la comunità italiana, anche al di fuori dei confini della sua diocesi. I documenti individuati dall’autore negli archivi arcidiocesani contengono molte lettere di Italiani che sollecitano una raccomandazione per il lavoro, chiedono l’ appoggio di Duhig per iniziative culturali o di beneficenza o lo ringraziano per il suo intervento in casi di difficoltà personale. Il suo sentimento pro-italiano lo portò a prese di posizione molto controverse, come l’isolata difesa dell’invasione fascista dell’Abissinia. Ma la sua fu anche una voce pacificatrice e riconciliatrice nei momenti di maggior tensione fra emigrati Italiani e società ospite, in particolare durante gli scontri di

Kalgoorlie, nel Western Australia, quando una folla di minatori ubriachi si scatenò in una sanguinosa “caccia all’Italiano”. Il ruolo svolto da Dughig, riconosciuto ufficialmente dal Governo di Roma, illustra la tesi di Baggio secondo cui “la confessione cattolica rimane un importante elemento identificativo per la locale comunità italiana”.

1 commento:

kousalya ha detto...

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