venerdì 19 ottobre 2007

Le associazioni in Australia

Nel Rapporto Italiani nel mondo 2007 che stiamo presentando in questi giorni in Australia non poteva mancare un capitolo dedicato alle associazioni che operano al settore dell’emigrazione.
È fuori dubbio che loro rappresentano la presenza organizzata dell’emigrazione italiana nelle varie parti del mondo. Esse sono presenti naturalmente anche in Australia, dove gli italiani sono ben organizzati e possono contare su una serie di associazioni di connazionali, di corregionali e anche del mondo giovanile, oltre ad una serie di mezzi di informazione che comprende radio, giornali e agenzie d’informazione in lingua italiana. Tutte sono nate dallo spontaneismo, dalla necessità di tenere in collegamento persone che avevano qualcosa in comune, perlopiù con uno spirito di mutualità e di assistenza, cose un tempo necessarie quando non esistevano altre forme di rappresentanza.
Ora ci sono i Comites (Comitato Italiani all’Estero istituiti dalla legge italiana n.286 del 23 ottobre 2003), ci sono i parlamentari eletti all’estero (Legge 459 del 27 dicembre 2001 che istituì la circoscrizione estera, suddivisa in quattro ripartizioni: l'Europa con 6 seggi per la Camera e 2 per il Senato; l'America meridionale con 3 seggi per la Camera e 2 per il senato; l'America settentrionale e centrale con 2 seggi per la Camera e 1 per il Senato; l'Africa, l'Asia, l'Oceania e l'Antartide con 1 seggio per la Camera e 1 per il Senato) designati dal 42,7 % degli aventi diritto nella circoscrizione estero lo scorso aprile 2006, ci sono le iniziative che le Regioni d’Italia vanno sostenendo attraverso il loro consultori. Nei primi anni di emigrazione tutto ruotava invece attorno alle associazioni e ai missionari cattolici italiani. Capillare è anche la presenza, in terra australiana, dei sindacati ed in particolare dei patronati, che pur occupandosi di aspetti previdenziali, rappresentano sempre una parte di italianità. I Co.as.it (Comitato di Assistenza per gli Italiani), invece, prestano assistenza ai bisognosi, che nel corso degli anni si sono notevolmente ridotti di numero e perciò la loro attività attuale si è riqualificata con iniziative di carattere soprattutto culturale, sociale e ricreativo. Frequenti sono gli scambi culturali, anche con le istituzioni scolastiche, al di qua e al di là dell’oceano, che vedono i giovani delle due nazioni perfezionare i loro studi e la conoscenza delle rispettive lingue, anche con il riconoscimento di crediti formativi rilasciati dalle autorità scolastiche. Di tutta questa rete associativa si servono anche le autorità diplomatiche, quelle consolari in particolare, che si occupano istituzionalmente di tutto quanto riguarda l’italianità nelle loro circoscrizioni consolari. In Australia abbiamo verificato dei problemi, peraltro abbastanza comuni in ogni parte del mondo, nei quali si dibattono i Comites, che con limitatissime risorse economiche fornite dal Ministero degli Esteri devono svolgere l’importante compito di essere presenti con delle proprie iniziative su tutto il territorio della circoscrizione consolare, il più delle volte molto ampio. In queste condizioni è evidente che i Comites non possono organizzare sul territorio gli incontri necessari per dare continuità al compito di rappresentanza loro affidato attraverso l’elezione diretta da parte di tutti gli emigranti italiani. Quanto alle associazioni, esse presentano, anche in terra australiana, i problemi comuni che si riscontrano un po’ ovunque. Le attività associative sono seguitissime da parte delle persone anziane, sono invece piuttosto carenti di presenze giovanili, presupposto fondamentale per la loro continuità futura. Resta perciò importante la necessità del coinvolgimento dei giovani nel mondo associativo, che va realizzato però con forme nuove e adatte ai tempi che viviamo. Ai giovani vanno fatte proposte concrete lasciando loro, spazi adeguati e perfino autonomi affinché diventino protagonisti di un nuovo modo di fare l’associazionismo, che solo in parte può essere uguale a quello del passato. Il loro grado d’istruzione, di professionalità, di inserimento nella società australiana è tale da poter creare una rete di rapporti che, avvalendosi delle nuove forme di comunicazione, possono comunque tenere in collegamento gli emigranti e allo stesso tempo dialogare con le istituzioni e con le realtà del paese in cui vivono.
Un lavoro quindi principalmente culturale, che dia una risposta alla domanda di cultura che è crescente negli emigranti di terza generazione, ma anche da parte della gente del posto, a partire dagli istituti di cultura, università, eccetera. Dopo le elezioni politiche del 14 aprile 2007 nelle quali si è votato per la prima volta all’estero, ci sono anche 18 parlamentari che in rappresentanza di emigranti siedono nel Parlamento italiano. Questa presenza non deve essere concepita come una diminuzione della rappresentanza delle associazioni. I parlamentari rappresentano interessi generali e non particolari e hanno perciò bisogno della rete associativa per conoscere problemi e per consultare gli emigranti, nei confronti dei quali hanno dei precisi doveri, non tanto ai fini della tenuta dei governi, quanto nel proporre leggi e soluzioni dei problemi che riguardano gli emigranti e che a loro sono ben noti. La dimensione della loro circoscrizione elettorale è immensa. I due membri del Parlamento italiano eletti in Australia rappresentano anche l’Africa e difficilmente riescono a mantenere dei contatti diretti e frequenti con gli elettori. Le loro “antenne” sono perciò rappresentate dai Comites e dalle associazioni, senza le quali difficilmente riescono ad essere presenti nella frammentata realtà della nostra emigrazione, che è distribuita in un vastissimo territorio, con delle circoscrizioni elettorali spesso più grandi dell’Italia intera. Le associazioni chiedono ai parlamentari di potenziare la rete consolare, soggetta ogni anno ai tagli di spesa, pur in presenza di un aumento dei costi cui vanno incontro per la loro attività. In un paese poi come l’Australia, dove la lingua italiana viene riconosciuta come seconda lingua d’insegnamento scolastico in vari Stati è inconcepibile assistere a dei continui tagli ai capitoli di finanziamento riguardanti questa voce di spesa, che riguarda anche le attività degli Istituti italiani di cultura. Queste sono cose che i parlamentari conoscono molto bene, perché anch’essi provengono dal mondo associativo, dai patronati o dai sindacati e si sono anche loro dibattuti nel passato in queste difficoltà. Nessuno nega loro il diritto di appartenere alle rispettive forze politiche, peraltro via obbligata nel Parlamento italiano, istituzionalmente strutturato attraverso gruppi parlamentari di natura politica. Gli emigranti si attendono però da loro iniziative legislative super partes, presentate congiuntamente da tutti gli eletti, senza vincolo di appartenenza politica, che rappresentino i ben noti interessi degli emigranti, Diversamente anche l’entusiasmo del voto degli italiani all’estero, peraltro sollecitato dalle stesse associazioni per tanti anni, anziché crescere diminuirà.
Anche l’attività delle Regioni, molto apprezzata perché consente ai sodalizi di poter sopravvivere almeno dal punto di vista finanziario, necessita di un concreto coordinamento. La sede ideale dovrebbe essere quella della Conferenza Stato – Regioni, che dovrebbe dar vita a progetti comuni, che abbiano cioè un percorso è delle risorse ben definite, onde evitare doppioni e sovrapposizioni. Ci sono delle regioni che hanno delle conoscenze specifiche e delle capacità organizzative diverse da altre, che potrebbero assumersi l’onere di capofila di un progetto, che potrebbe essere svolto assieme allo Stato e ad altre regioni. Non va dimenticato, fra l’altro, che sono frequenti i casi di famiglie che hanno persone appartenenti a più regioni e appare assurdo, soprattutto nelle piccole località, limitare talune attività esclusivamente ai cittadini che hanno discendenza da una determinata regione. Quando si è nel mondo globale bisogna comprendere che la rete dell’italianità all’estero non è fatta soltanto dai cittadini con passaporto italiano, ma anche da tanti oriundi e figli di emigranti e l’Italia deve rivolgersi a loro in termini globali. Certo, coloro che sono cittadini italiani a tutti gli effetti necessitano di una determinato trattamento che consenta loro di ottenere la cittadinanza compiuta alla pari di coloro che vivono in Italia. Ma è opportuno anche tenere viva quella rete di persone che hanno radici italiane, in quanto discendenti da italiani che, anzi, dovrebbero approfittare per riacquisire la cittadinanza italiana ed avere una parte più diretta alle vicende del paese al quale appartengono le loro radici, anche in presenza di doppia cittadinanza. Resta altresì la necessità di sostenere un grosso sforzo di investimento nei confronti dei giovani. Questo è un discorso che sentiamo fare in Italia e all’estero, ma esso rappresenta l’unica via d’uscita per evitare la dispersione di un patrimonio umano, che ha contribuito contribuisce tuttora a fare dell’Italia un grande paese. L’Italia ha quindi il dovere di sostenere l’azione del mondo associativo degli emigranti all’estero, in quanto l’emigrazione ha bisogno ancora di attenzioni e il nostro paese ha ancora bisogno degli emigranti. In questi ultimi tempi ci sono ancora giovani italiani che vanno all’estero per motivi di lavoro e che, se opportunamente sensibilizzati, potrebbero prendere contatto con le associazioni degli italiani dei luoghi in cui loro lavorano, per aiutare le medesime a capire com’è cambiata l’Italia e per aiutare l’Italia a capire come è cambiata l’emigrazione. Ne abbiamo incontrati diversi di questi giovani, che si sentono come pesci fuori d’acqua e che ambiscono a ricercare contatti con il nostro mondo associativo. Anche se la loro permanenza fosse solamente per pochi anni, sarebbero comunque uno stimolo per un’azione di confronto e di rinnovamento. Ci siamo domandati più volte come mai ai nostri incontri non partecipino quasi mai i pur numerosi giovani che vanno ogni anno in Italia per gli scambi culturali finanziati dalle regioni? Cosa vanno a fare in Italia si è poi al loro rientro non sono in grado di vivere una qualche vita associativa assieme ai loro corregionali? O sono gli anziani a costituire una difficoltà per una loro presenza di ritorno nelle associazioni oppure c’è superficialità nell’individuazione di quanti devono andare all’estero a nome delle rispettive regioni. Sono questi veri scambi culturali o sono solo occasioni di turismo a basso costo, quanto basta per poter dire che si è fatto qualcosa per i giovani? Questi sono interrogativi che vengono spontanei di fronte a certe verifiche che in più occasioni abbiamo avuto modo di realizar. Un altro strumento possibile, per rivitalizzare le associazioni, è quello di usufruire di progetti di volontariato civile, attraverso i quali inviare all’estero dei giovani italiani, che vivendo nelle famiglie, possano contribuire nel corso dell’anno in cui dura il loro servizio, a far ritrovare le ragioni per continuare la vita associativa. Forse loro stessi, con uno spirito proprio della loro giovane età, potranno dialogare con i coetanei che vivono all’estero e con essi preparare dei progetti che diano loro le risposte che si attendono in fatto di riscoperta delle radici di italianità. L’Ucemi è convinta che se ogni anno cento giovani italiani vengono in Australia e cento giovani italo australiani vengono in Italia, nel giro di pochi anni l’associazionismo potrebbe disporre di almeno un migliaio di nuovi operatori culturali a disposizione dei nostri emigranti. Proprio perché non facciamo politica, ma svolgiamo un compito di promozione sociale finalizzata al bene comune, possiamo rappresentare un punto di riferimento che aiuti le associazioni a volare alto, pur mantenendo le proprie specificità e i propri riferimenti. Una sfida tutta da verificare, ma è un tentativo di dare una risposta che vada oltre alle continue lagnanze, che altro non fanno che fotografare una situazione di fatto che unanimemente tutti sosteniamo non possa più andar oltre. Ecco perché il Rapporto degli italiani nel mondo rappresenta un valido strumento di conoscenza, ma anche di stimolo e di forte sollecitazione non solo per le autorità ma soprattutto per le associazioni.

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