domenica 7 ottobre 2007

La società australiana

La società australiana ha subito profonde trasformazioni dopo la Seconda Guerra Mondiale. Consapevole oramai di essere entrata a far parte di una scacchiera ben più vasta del suo pur vasto territorio, andava maturando una risposta, non sempre lineare, alla domanda: “con chi dobbiamo costruire un futuro di stabilità e di sicurezza? Possiamo rimanere ancorati alla madrepatria, l’Inghilterra, essa stessa dubbiosa sulle sorti di un’Europa unita? O dobbiamo invece allinearci con il continente americano o con le nazioni emergenti dell’Asia che sono i nostri vicini di casa?”
Una prima risposta é stata data dal governo laburista di Gough Whitlam nel 1972 con il lancio e la promozione della politica multiculturale.[1] Questa mirava a cambiare l’autoconsapevolezza dell’australiano, non più solo nell’orbita del Commonwealth Britannico, ma cittadino di una società dove l’eterogeneità di razze e culture, in piena espansione dopo gli anni '50 con l’emigrazione di centinaia di migliaia di Europei, entrava di diritto a far parte di una Australia multiculturale. Una visione, prima che una politica governativa, che ha avuto i suoi ammiratori ma anche i suoi detrattori. Secondo questi ultimi si barattava una identità nazionale ben precisa, rappresentata dalla sudditanza alla Corona Inglese, con identità molteplici non sempre conciliabili fra loro o riconducibili a fattori comuni.

Questa svolta é stata interpretata da alcuni sociologi non soltanto come una svolta storica ma come una rifondazione della stessa nazione. Lo studioso, Allan Patience, scrive,
Non é da scartare l’idea che in un prossimo futuro l’anno 1947 (che segna l’inizio delle migrazioni europee) possa essere riconosciuto come più significativo del 1788, la data di fondazione dell’Australia moderna. Anche se l’affermazione appare azzardata, in quell’anno si iniziò una profonda trasformazione della società australiana, mai provata nella sua giovane
storia. [2]
Non tutti sono d’accordo con una simile analisi. La storia degli ultimi 30 anni dimostra comunque che alcuni traguardi sono stati raggiunti. Oramai la diversità, pur con molti rallentamenti e brusche frenate, é entrata a far parte della vita quotidiana del cittadino australiano. Investe ogni minuto e ogni ora del giorno: a tavola, sul lavoro, nei luoghi di divertimento, ascoltando programmi radio o guardando la televisione, leggendo la stampa etnica, con l’insegnamento di lingue diverse, con la creazione di clubs e luoghi di ritrovo. L’architettura stessa, la moda, il modo di vestire, le cerimonie religiose, le processioni, la politica, gli spettacoli ecc... ne sono una manifestazione. É impossibile dire se ci siano aspetti della vita quotidiana che non siano stati contagiati dalla politica multiculturale. Ma questa, come ogni altra mossa politica, avrebbe vita corta se non fosse sostenuta dall’evidente cambiamento demografico della popolazione australiana: il 27% é nato altrove ma si raggiunge il 50% se si aggiungono i nati in Australia, ma con genitori stranieri.
[1] Per una lista dei documenti pubblicati dal governo vedi J. Jupp(ed.), The Challenge of Diversity. Policy Options for a Multicultural Australia, Canberra, AGPS, 1989, pp. 278-281.
[2] Alla Patience, “Towards a Theology of the Australian Multicultural Experience”, in The Australasian Catholic Record, 65, 4, 423-440.

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